Frncesca Amé
da Treviso
Altro che avvizzita, la natura morta è più viva che mai. Canestre di frutta, fiori sul tavolo, interni domestici o mercati che hanno conquistato dignità pittorica sul finir del '500 fino a prendersi la scena nel '600, specie nel Nord Europa, nelle dimore della media ed alta borghesia, sono sì nature morte ma non mute (ce lo insegnerà, secoli dopo, anche Giorgio Morandi). Ogni frutto, ogni fiore, ogni oggetto ha una sua simbologia di cui fiamminghi e olandesi furono maestri indiscussi, ma gli italiani non di meno. Il genere non è surclassato: lo still life, nel figurativo contemporaneo e ancor più nella fotografia artistica, è terreno su cui tanti si esercitano, senza contare che la piattaforma visiva cui oggi maggiormente attinge il nostro occhio (Instagram, ovviamente) è, selfie a parte, una carrellata di still life. La natura morta è dunque, come recita il titolo della mostra al Museo Santa Caterina di Treviso, davvero Natura in posa.
Nell'antico monastero della città veneta sono esposti fino al 31 maggio una cinquantina di capolavori, per la prima volta in Italia, provenienti dalla collezione del Kunsthistorisches Museum di Vienna: sono firmati da Francesco Bassano, Gerard Dou, Evaristo Baschenis, Pieter Claesz, Jan Brueghel. Basterebbe questa selezione per una riflessione su un genere che oggi riteniamo minore ma che all'epoca era il banco di prova dei maggiori talenti.
La mostra, promossa dalla città di Treviso, Civita Tre Venezie e Intesa Sanpaolo in collaborazione con il museo viennese, fa però un passo ulteriore: mette in dialogo questi dipinti antichi con la fotografia contemporanea. Se i primi sono stati selezionati da Francesca Del Torre, che lavora nel museo di Vienna, con Gerlinde Gruber e Sabine Pénot a Denis Curti, direttore della Casa dei Tre Oci di Venezia, è stata affidata la scelta degli scatti d'autore. Il risultato convince: al termine del percorso è il visitatore stesso, senza bisogno di troppe spiegazioni, a ritrovare nelle foto pop di David LaChapelle, nei crudi reportage di Martin Parr sulle nostre tavole iper-consumistiche o nei fiori ultraerotici di Robert Mapplethorpe e di Nobuyoshi Araki così come nella serie delle zuppiere di Franco Vimercati e nell'erbario ritratto da Nino Migliori temi e motivi già esplorati dai maestri del '500-'600. La natura morta è stata fin dalla sua origine una riflessione sul tema della vanitas, la caducità del tutto, ed espressione del disperato tentativo da parte degli artisti di andare oltre a questo tutto, per eternare sulla tela un'idea di bellezza. Perché è questo che fa Jan Brueghel il Vecchio, detto il Brueghel dei fiori, quando ritrae nel suo Mazzo di fiori in un vaso blu (1606) perla assoluta della mostra - trentun varietà diverse di specie floreali di diversa provenienza geografica: indossa i panni del demiurgo e plasma il vaso perfetto che mai natura potrebbe comporre. Ciascuna delle opere pittoriche esposte va osservata con calma: solo così si può cogliere la polvere appena accennata sugli oggetti musicali da Baschenis, la varietà di frutta esposta al mercato da Francesco Bassano, le spezie provenienti dalle Indie nei luculliani banchetti seicenteschi degli olandesi Pieter Claesz e Willem Heda. Osserviamo via via mercati, interni domestici, quadretti di pittura di genere, tavole imbandite, inganni visivi, oggetti di caccia e simboli tipici del memento mori (clessidre, candele spente...).
Questa è una di quelle mostre che educa lo sguardo: la sala dedicata ai fiori tramortisce per la bellezza struggente di dipinti dove la perfezione dell'oggi lascia intravedere, ma solo a chi ha la pazienza di osservare con attenzione, i segni dell'imminente fine: è una farfalla seminascosta, un vermicello che striscia, una foglia che ingiallisce.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.