La rete di carta che Zavattini usò per catturare il mondo

I diari del più poliedrico degli intellettuali italiani del Novecento sono una finestra sulla nostra cultura

La rete di carta che Zavattini usò per catturare il mondo

Oggi ho deciso di cominciare questo diario. È una prova di più che io sono come gli altri. Non c'è un momento della mia giornata che mi dimostri il contrario: io sono come gli altri. Può darsi che il quotidiano costante rapporto con me stesso mi allontani da questa idea. L'angoscia che mi dà questa idea deve essere anche per questo: che mi accorgo che gli altri hanno le mie stesse idee, si comportano come me. Anzi, certe mie azioni le vedo chiare solo perché gli altri le ripetono e non sono contento di me, cioè le mie sono cattive azioni.

14 gennaio 1941

Che cos'è una giornata vuota? Un certo momento ho sentito che non ho niente da dire. Credo che accettare il posto d'uomo nel mondo, cioè uscire dal dramma della solitudine, sia la risoluzione autentica cui tutti tendono? Io dico di no (nel rileggerlo il 12-6 dico invece di sì ma.)

15 gennaio 1941

Dall'idea che siamo tutti uguali nel mio senso cioè naturale che cosa si ricava? Uno è la somma, la combinanza di altri oppure uno è il tale alle 8, il tal altro alle 9 ci sono momenti di identità con tutti.

17 gennaio 1941

Raccontino Un diario. Il mondo è cattivo, l'ho capito perché mi ha permesso di giungere sino a oggi, io che sono cattivo. Se ci sono arrivato, e bene, vuol dire che il mondo lo permette in quanto si aiutano naturalmente inconsciamente gli uomini, cioè, cattivi. Capisco anche la esclusione naturale dei buoni. Ma questa incoscienza del male che cosa significa?

13 maggio 1941

Guardiamoci dall'euforia. Ho un tappeto volante sotto i miei piedi ma io mi abbranco al primo oggetto capitato sotto gli occhi, il bracciolo di una sedia, mi basta. Oggi, però, sono in vena da giudizio universale: le trombe d'argento risuonano anche nelle mie orecchie impiegatizie. Il terreno si screpola e con dei fumi vengono su i moderati, io e quelli che conosco soltanto. Ho un bel dire: miriadi e miriadi. Ma soltanto quelli che conosco escono dalla liquescenza. Ieri ho visto sul 107 un mannaro senza braccia, aveva una voce gentile come quando aveva le braccia: gli sono girato intorno con lo sguardo come la farfalla intorno al lume sbattendovi il capo senza che lui se ne avvedesse. Sento tanti discorrere di politica, declino dell'Europa; non si può essere né pro né contro, si può solo essere, qualunque pensiero è una colpa, un uscire dall'essere, tentare una divisione del tempo mentre il tempo è noi la guerra non è enorme o ostile, o lo è solo standone fuori fuori da noi stessi perché ogni fatto ci appartiene, e fare la gerarchia dei fatti vuol dire contaminarli. La guerra con la g minuscola, come ogni altro fatto che cos'è questa pietà di noi stessi se non l'aver intuito che si cercano disperati sofismi per convalidare la nostra posizione di letterati? Che schifo se non si abbandona questa qualifica e non si equipara, non si identifica a uomini, così il giorno del giudizio saremo per ciò che abbiamo fatto non per ciò che abbiamo scritto non è vero che all'umanità basta la nostra opera e non la nostra vita. Significherebbe fare gerarchia dei momenti della giornata, mentre il momento è uno, uno dentro l'altro, come i bicchieri del prestigiatore, tanti è uno solo così il momento di bellezza scritta non cancella il momento di non bellezza non scritta. Cioè la biografia l'umanità poteva fare a meno di Gauguin, ma non di un sentimento buono di Gauguin al di fuori del quadro, di un sentimento trovabile anche in chi non ha fatto il quadro di Gauguin. L'arte deve influenzare la vita dell'artista. Sento che l'arte avalla degli errori, dà dei privilegi. Il diario di Tommaseo, certi punti (i meno sdoppiati) delle lettere di Nietzsche sono fatti umani più forti delle loro opere. Avere il coraggio di non scrivere, cioè di essere, tutto ciò manca regolarmente agli scrittori italiani contemporanei, quale mediocrità in Montale, che puzzo di sega, quale mancata grandezza (solo conoscenza della grandezza) in Cardarelli; quale rosea grandezza, troppo rosea e digestiva, in Bacchelli, truce egoista; già, non lo dico della loro opera, ma della loro vita.

Ma è possibile? Certo, è difficile, portentosamente difficile interpretare la vita di un uomo ma la vita non mente, la biografia non mente. Per l'amore di Dio, non dico la biografia come la vede Ojetti, sarei pazzo e volgare.

11 agosto 1942

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