La rinascita del cinema italiano? Sarà per la prossima volta

«Hannah» è l'ultimo nostro film con la grande Rampling Le pellicole mediamente buone ma (quasi) senza vette

La rinascita del cinema italiano? Sarà per la prossima volta

da Venezia

La «nouvelle vague» italiana al Lido. Fu vera gloria? A noi tocca l'ardua sentenza ora che anche l'ultimo film di casa nostra, Hannah di Andrea Pallaoro, è passato nel concorso di questa edizione numero 74 della Mostra internazionale d'arte cinematografica. Opera seconda del cineasta, nato a Trento ma con un master in California, che aveva convinto con il suo Medeas presentato sempre qui a Venezia nella sezione Orizzonti, Hannah si regge tutto sull'interpretazione magistrale di Charlotte Rampling - un premio per lei non sfigurerebbe di certo - che in un film con pochissimi dialoghi, su una donna che dopo 40 anni matrimonio si confronta con le conseguenze dell'arresto del marito forse pedofilo, è bravissima a dare un senso ai tantissimi, troppi, non detti. Perché - teorizza il regista - «volevamo eccitare l'attenzione dello spettatore nascondendo più che mostrando» anche se il gioco della sottrazione degli elementi narrativi alla fine finisce un po' per stancare più che interessare. «Sappiamo tutti - racconta l'attrice - che è difficile conoscere veramente le persone anche se ti sono vicine. In questo film la macchina da presa esplora l'esistenza di questa donna per mostrare come può sopravvivere a quello che le è capitato».

Comunque, anche dopo aver visto Hannah, si conferma la positiva eterogeneità dei film italiani presentati in concorso, ma certo siamo lontani dal parlare di «nouvelle vague» come aveva fatto un mese prima dell'inizio del festival il suo direttore Alberto Barbera. Che, infatti, nel tradizionale pranzo con i giornalisti a metà manifestazione è stato costretto a smentirsi da solo: «Forse ho esagerato, ma per il resto confermo il mio giudizio positivo rispetto al passato. C'è effervescenza e una nuova generazione di registi interessanti al di là del livello di compiutezza». Come a dire, non ci sono capolavori ma una media di buoni film. Anche se Ammore e malavita dei Manetti Bros. ha più che convinto i critici italiani che votano con le stellette da una a cinque sul daily di Ciak con la media più alta, 3,67, mentre Ella & John di Paolo Virzì è il secondo film più apprezzato con 3,27, Hannah di Pallaoro terzo con 2,9. Una famiglia di Sebastiano Riso è invece il fanalino di coda con 1,72. Con il facile senno di poi possiamo dire che sarebbe stato meglio mettere in concorso il bel film di Susanna Nicchiarelli Nico, 1988, sugli ultimi anni della vita della cantante che ha collaborato con i Velvet Underground, presentato invece nella sezione Orizzonti. Ma questo tipo di gioco delle sezioni dei film è poco produttivo e interessa solo gli addetti ai lavori. Meglio segnalare gli altri titoli italiani più convincenti. Si parte con Gatta Cenerentola, sempre in Orizzonti, il film di animazione che è anche un musical diretto dai napoletani Alessandro Rak, Ivan Cappiello, Marino Guarneri, Dario Sansone e si prosegue con Il cratere di Luca Bellino e Silvia Luzi, di interessante derivazione documentaristica, presentato nella Settimana internazionale della critica. Sezione autonoma dove è stato presentato anche Veleno di Diego Olivares, ambientato nella cosiddetta Terra dei fuochi.

Nell'altra sezione parallela, Giornate degli autori, abbiamo visto una delle opere italiane più convincenti, L'equilibrio di Vincenzo Marra, che racconta, con lucidità e profondità, la difficile realtà napoletana nelle zone più colluse con la malavita attraverso lo scontro, ideologico e spirituale, di due preti che vivono in modo diametralmente opposto il loro sacerdozio.

Tutti film che hanno la particolarità di essere girati a Napoli e in napoletano (come anche Ammore e malavita). Che sia questa la vera nouvelle vague?

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