Benedetto Croce nel Contributo alla critica di me stesso lo chiama semplicemente il mio maestro e tale fu Antonio Labriola: un maestro di vita e pensiero che dialogava con gli studenti non solo all'università, La Sapienza a Roma, ma anche nelle librerie e nei caffè e - dice Croce «bevevo avidamente le sue parole, e le estendevo e le approfondivo per mio conto, e ne traevo profitto per le cose mie». C'è voluto del tempo, ma siccome il tempo è galantuomo oggi si riconosce a Labriola ciò che fu di Labriola: uno spirito libero, vitale e antidogmatico che considerò il marxismo solo un metodo e mai una chiesa come, purtroppo, fecero in Italia generazioni e generazioni di intellettuali, professori e politici «falsi e bugiardi».
Oggi assistiamo a una riscoperta della figura di Labriola. La Bompiani gli ha dedicato un volume della collana «Il pensiero occidentale» pubblicando Tutti gli scritti filosofici e di teoria dell'educazione, ma la vera novità è che la Bibliopolis sta curando la Edizione nazionale delle opere. Sono usciti due volumi: Da un secolo all'altro. 1897 1903, che contiene scritti sulla crisi del marxismo, su Giordano Bruno e lezioni sparse, e il testo ora ora uscito Tra Hegel e Spinoza. Scritti 1863 1868 che riguarda gli studi giovanili e spregiudicati di Labriola. Ma il primo scritto di Labriola che merita di essere letto e meditato - non a caso apre il primo volume pubblicato e fu stampato per la prima volta da Croce che si fece editore del suo maestro - è il discorso che il filosofo tenne il 14 novembre 1896: L'università e la libertà della scienza.
In questo storico discorso si parla della «grande magagna» dell'università che consiste nella «promiscuità» con cui si confondono le funzioni degli insegnanti con quelle degli esaminatori e, dunque, nel pessimo rapporto che c'è tra università e professioni. Dal tempo di Labriola ne è passata di acqua sotto i ponti ma la «grande magagna» non solo esiste ancora ma è ancor più grande ed è stata estesa a tutto il sistema nazionale dell'istruzione.
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