Se Giuseppe Prezzolini ha rappresentato nel '900 una figura centrale per il conservatorismo italiano, nel secolo scorso è esista una tradizione di pensiero conservatore caratterizzata da numerose figure di primo piano. Sebbene in Italia il termine conservatore non abbia mai goduto di buona stampa (d'altro canto già Leo Longanesi affermava «Sono un conservatore in un Paese in cui non c'è nulla da conservare»), è possibile tracciare un pantheon del conservatorismo italiano pur con alcune necessarie precisazioni.
In Italia il conservatorismo è stato spesso identificato come un'area culturale legata al mondo americano e anglosassone, anche se esiste una tradizione latina con proprie specificità. Dovendo riscontrare una genesi del conservatorismo italiano, possiamo identificarla già nell'antica Roma con il concetto di mos mairoum e nel Medioevo cristiano in cui si forma l'identità italiana ma anche nelle figure di Giambattista Vico e Vincenzo Cuoco, nel pensiero di Giacomo Leopardi e nel Del Primato morale e civile degli italiani di Vincenzo Gioberti.
Eppure è nel '900 che si concretizza un pensiero conservatore ben definito a partire dalla pubblicazione de La filosofia di Marx di Giovanni Gentile (uscito nel 1899) e Materialismo storico ed economia marxista di Benedetto Croce pubblicato l'anno successivo. Sebbene né Gentile né Croce siano stati conservatori tout court, troviamo in loro tratti di conservatorismo (come nel Perché non possiamo non dirci cristiani crociano). D'altro canto, a posteriori si possono individuare nel pensiero di autori che in vita non si sono definiti conservatori, posizioni vicine al conservatorismo, non essendo un'ideologia ma uno stato di natura e un modo di essere.
Fucina del pensiero conservatore nostrano a inizio secolo sono le riviste letterarie fiorentine, dal Leonardo a La Voce passando per Lacerba, con i rispettivi protagonisti e il trittico Prezzolini, Giovanni Papini e Ardengo Soffici.
Come parlare di una singola destra sarebbe sbagliato poiché esistono tante destre, allo stesso modo il conservatorismo non è un monolite, lo testimonia l'esistenza di un pensiero rivoluzionario conservatore che, sebbene sia nato in Germania nei primi anni Venti del '900, si sviluppa anche nella penisola. Riferimento è il movimento di Strapaese rappresentato da Mino Maccari, Curzio Malaparte e Leo Longanesi e le rispettive riviste Il Selvaggio, Italia Barbara e L'Italiano (antesignano di questo filone è il romagnolo Alfredo Oriani). C'è anche un conservatorismo cattolico il cui principale esponente è Augusto Del Noce, uno nazionale rappresentato da Enrico Corradini, uno estetico incarnato da Mario Praz e uno contrario alle derive della massa interpretato da Panfilo Gentile. Non a caso i teorici delle élite, Vilfredo Pareto, Gaetano Mosca e Roberto Michels, costituiscono un riferimento indiscutibile.
Un contributo spesso sottostimato nella diffusione della cultura conservatrice lo hanno avuto gli editori a partire da Attilio Vallecchi, passando per Giovanni Volpe nel dopoguerra e Alfredo Cattabiani come direttore editoriale della Rusconi, oltre a Leo Longanesi, al quale si deve la rivista Il Borghese (trampolino di lancio per Gianna Preda) e il ruolo insuperabile di scopritore di talenti tra cui Ennio Flaiano. Sorte diversa toccò a Giuseppe Tomasi di Lampedusa il cui Gattopardo (romanzo a tutti gli effetti conservatore), fu pubblicato da Giangiacomo Feltrinelli. Se i temi affrontati nei libri di Guido Piovene, Carlo Sgorlon e anche Dino Buzzati con i suoi racconti intrisi di spiritualità (lo spiega la critica di Fausto Gianfranceschi all'autore bellunese) rientrano in una visione del mondo conservatrice, lo è senz'altro il piccolo mondo antico dell'autore italiano più venduto al mondo: Giovannino Guareschi.
Che dire poi del mondo giornalistico? Sarebbe sufficiente citare l'anarco conservatore Indro Montanelli ma non si può dimenticare Giovanni Ansaldo, così come il direttore del Corriere della Sera Mario Missiroli.
Essere conservatori significa avere a cuore la forma tanto quanto la sostanza, vuol dire amare l'eleganza, la bellezza, l'educazione, rispettare la natura e il sacro, credere nello spirituale ancor prima che nella vita materiale, conservare la propria identità proiettandola nel futuro, amare la patria e la famiglia,
difendere i più deboli, rispettare la legge, credere nel principio di autorità. Essere conservatori è prima di tutto uno stile di vita e, chiunque incarni questi valori, rientra di diritto nel pantheon del conservatorismo.
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