Romaine Brooks, la «grigia» rapinatrice d'anime

Una mostra dedicata all'artista americana che segnò la Belle Époque

Luciana Baldrighida Venezia«Cinerina» era il soprannome che d'Annunzio diede a Romaine Brooks, alludendo al grigio della sua tavolozza da pittrice. E infatti nel ritratto di lui fatto da lei nel 1912, color cenere è anche il mare che circonda la silhouette del Poeta in esilio, questo il titolo del quadro, a nobilitare una fuga dall'Italia per scappare all'ira dei creditori. Il volto dell'artista è grigio-avorio, il cielo grigio-rosa, e grigio-chiaro e grigio-scuro sono le tonalità della mantella e dell'abito a tre pezzi che indossa. Eppure, da questa apparente uniformità d'Annunzio vien fuori quasi trasfigurato, una piega amara sul volto, un che di allucinato che nulla ha a che vedere con il pallore decadente della Belle Epoque. Basta contrapporgli un altro celebre ritratto della Brooks, quello di Jean Cocteau, per rendersene conto. La torre Eiffel sullo sfondo, il giovane poeta allampanato nel suo grigiore, ma tutto intorno a lui, fiori, alberi e case, ha il tono di una fiaba infantile e Cocteau sembra un liceale in libera uscita. Delle quattro mostre che costituiscono il ciclo espositivo «L'inverno a Palazzo Fortuny», nella sede del museo Fortuny a Venezia, Romaine Brooks. Dipinti, disegni, fotografie (a cura di Jérome Merceron, fino al 13 marzo) è il compendio ideale. Le altre tre sono: Ritratto di una musa. Henriette Fortuny, che è il racconto della donna che ispirò Mariano Fortuny, fotografo, scenografo, creatore dei tessuti che portano il suo nome; Erme e Saturni dedicato ai quadri di Ida Barbarigo; Omaggio a Mariano Fortuny con le foto di Sarah Moore.Nata a Roma nel 1874, da genitori americani, sposata con il pianista John Ellington Brooks, con cui condivise il nome, ma non il letto (erano entrambi omosessuali), Beatrice Romaine Goddard è una delle figure più interessanti della scena artistica del primo '900. Amica e amante di Nathalie Clifford Barney, detta l'amazzone, ma anche di Ida Rubinstein, danzatrice mediocre eppure magnetica dei balletti di Diaghilev, a suo agio nei circoli più sofisticati di Parigi, Londra, Venezia, Romaine fu artista e mecenate, affidò alle sue memorie il ricordo di quell'epoca, catturò nei suoi quadri l'anima dei soggetti che per lei si misero in posa. Da Paul Morand a Luisa Casati, sono i ritratti della Brooks a raccontarci chi essi fossero veramente, il volto orientale e l'indecifrabile sorriso del primo, l'androginia luciferina della seconda. «Cambrioleuse d'âmes», rapinatrice di anime la definì Robert de Montesquiou, il principe dei dandies.Inizialmente influenzata dalla pittura di Whistler, Romaine ebbe presto una cifra stilistica propria, caratterizzata appunto dall'incredibile varietà di grigi e rosa spenti, ma è nei suoi disegni lo specchio più profondo della sua anima tragica e solitaria. Senza alcun orpello decorativo, raccontano un mondo interiore in bilico fra la luce e le tenebre, un'infanzia infelice all'ombra di un fratello amato, bellissimo, ma demente, e d'una madre anaffettiva, possessiva e autoritaria, un'adolescenza inquieta e turbata da una sessualità diversa e sentita come una colpa.Di particolare interesse della mostra - la prima a lei dedicata in Italia - è la sezione dedicata a Ida Rubinstein, che fu modella trasfigurata per alcuni nudi della Brooks (La Venere triste, Il tragitto, La Primavera) e il soggetto di una serie di 15 nudi fotografici. La Brooks fece del suo corpo una materia prima, una sorta di calligrafia immobile. Privilegiando la linea retta e l'angolo acuto, gli tolse le curve e anticipò l'espressionismo tedesco.

Senza enfasi, nei dipinti come nelle foto, sembra quasi suggerirci uno scambio, un dialogo fra l'artista e la sua Musa, fatto di audacia e di ritegno, i due elementi su cui Romaine Brooks fece ruotare tutta la sua vita. Morirà a Nizza nel 1970, quasi centenaria.

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