La Romania? Si merita un "diploma" in cinematografia

"Bacalaureat" di Cristian Mungiu è una certezza del festival, un ottimo film (come "Sieranevada" di Puiu) di un Paese in cerca di riscatto

La Romania? Si merita un "diploma" in cinematografia

Venticinque anni prima, quando da giovane medico era tornato nella Romania del dopo-Ceaucescu, Romeo Aldea s'illudeva di poter essere utile al suo Paese. Venticinque anni dopo, sente che non è servito a niente, nulla è cambiato: una democrazia posticcia appiccicata su un corpo sociale e politico dove le amicizie contano più del merito, la logica del do ut des è sovrana, il compromesso e la corruzione sono all'ordine del giorno, la longa manus della polizia continua a esercitare un'occhiuta, minacciosa sorveglianza. All'orizzonte vede profilarsi la pensione, il suo matrimonio è in crisi, sua madre è malata e anche la casa dell'amante non è un'oasi di serenità: un figlio con problemi relazionali, la frustrazione di una relazione da tenere comunque segreta... Per fortuna c'è sua figlia Eliza: per lei si è svenato, lezioni, corsi intensivi, ripetizioni con l'obiettivo di mandarla a studiare all'estero, non farle fare il suo stesso errore di restare intrappolata in patria. La ragazza è brava e si è anche lei convinta che il suo futuro non è lì, anche se lì ci sono i suoi amici, il suo ragazzo, il suo mondo. Ha superato tutti i test per essere ammessa a Cambridge, manca solo la licenza liceale, con un punteggio alto, certo, ma Romeo Aldea è sicuro che ce la farà: si è impegnata tanto, si sono impegnati tanto. Dopo quell'ultimo ostacolo, sarà finalmente libera, e quanto a lui saprà di essere almeno riuscito in una cosa nella vita, saprà di non doversi rimproverare più niente, umiliazioni, compromessi, negazioni di tutto ciò a cui un tempo aveva creduto, l'onestà, la dignità, il no ai soprusi...

Il giorno prima della maturità però Eliza viene aggredita, un tentativo di stupro che la lascia malconcia, confusa e spaventata. Se rinvia le prove d'esame, per Cambridge salta tutto, se decide di presentarsi, con tanto di gesso al braccio, c'è la possibilità di una riuscita mediocre: troppa tensione, troppa emozione. Il futuro rischia di andare in pezzi, a meno che non si decida di ricorrere a metodi del passato rimasti tali e quali nel presente: una spinta, un aiuto interessato, in grado di fare comunque andare bene le prove scritte. Occorre però che la ragazza sia consenziente, gli elaborati sono anonimi e bisogna che lei li renda riconoscibili con un segno convenuto. Solo che alla figlia Romeo Aldea ha sempre inculcato i valori opposti, quelli che erano anche i suoi prima che la vita lo obbligasse a scendere a patti; quelli che giustificano il perché Eliza dalla Romania se ne dovrebbe andare: un Paese vinto, senza prospettive, che si crogiola nell'inganno, dove vanno avanti solo i mediocri, dove non c'è spazio per il valore e l'onestà. Che fare?

Abilmente orchestrato, ben interpretato, Bacalaureat, di Cristian Mungiu, è fra le poche certezze del Festival, meditazione su uno sfacelo nazionale che riesce anche a essere qualcosa di più universale: il rapporto genitori-figli e il tentativo di incarnare in quest'ultimi ciò che i primi non riuscirono a realizzare, il bilancio che si fa quando ci si rende conto che la vita è ormai dietro di noi, lo splendore della giovinezza quando tutto è ancora davanti e ogni cosa sembra ancora possibile. Nella foto-ricordo dell'ultimo giorno di scuola, gli sguardi fieri, allegri e fiduciosi dei ragazzi sembrano sfidare i rimpianti e le amarezze del mondo degli adulti. Non saremo come voi, sembrano dire. Commuovono perché si illudono e perché è giusto che si illudano.

Secondo film romeno in concorso (l'altro è Sieranevada, di Cristi Puiu, anch'esso di livello), ambedue le pellicole rimandano al paradosso di una cinematografia nazionale che fatica in patria a ottenere lo stesso successo che le arride all'estero. Secondo un'inchiesta del mensile Telérama, i film romeni rappresentano il 13% degli incassi rispetto al 36% di quelli europei e al 47% delle produzioni hollywoodiane. Manca la distribuzione, le sale multiplex prendono solo i blockbusters, molti cinema sono stati chiusi perché non in regola con le norme di sicurezza, il sostegno statale è viziato da clientelismi e corruzione. Dice Cristian Mungiu: «Come registi dipendiamo da ciò che all'estero si dice dei nostri film.

Essere premiati da un festival è l'unico modo che ci permette di trovare il denaro per continuare. Noi non possiamo fare altro che cercare di affermare, malgrado tutto, la nostra voce». La sua e quella di Cristi Puiu è di quelle che non si dimenticano.

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