Romanzi, saggi, guide Berlino in libreria è sempre più capitale

Dai ruggenti anni Venti del Novecento al Muro e alla rinascita: la città oggi è un brand editoriale

Romanzi, saggi, guide Berlino in libreria è sempre più capitale

da Berlino

Forse il giudizio (o pre-giudizio) più calzante su Berlino è dell'ex borgomastro Wowereit, quando affermò che è «povera ma sexy». Povera, ma spendacciona come dimostra quel pozzo di sprechi senza fondo che è Schönefeld, l'aeroporto che non si finisce mai di costruire. Ormai Berlino è anche un brand editoriale, come confermano varie «uscite».

Si può cominciare con l'antologia di articoli di Giovanni Ansaldo, principe del giornalismo italiano del '900, che negli anni Venti visitò ripetutamente la Germania, sconfitta e umiliata dal trattato di Versailles. Quei suoi articoli, autentici saggi di colore e di politica, sono stati editi da Nino Aragno in Il fascino di Sigfrido, con una preziosa prefazione di Francesco Perfetti che ricorda l'acre commento di Ansaldo su Berlino: «comoda, insignificante, anche laddove vuole apparire monumentale». Le sue impressioni colpivano la classe politica della repubblica di Weimar, con «i politici e i tedeschi tutti che si riempiono la bocca di libertà e uguaglianza», dimentichi dell'ammonimento di Goethe: «legislatori o rivoluzionari che promettono nello stesso tempo eguaglianza e libertà, sono nature fantastiche o ciarlatani», considerazione che non ha perso la sua attualità. Ad Ansaldo i tedeschi non piacevano: «Il tedesco è un popolo brutto. Le donne - raramente - hanno un viso possibile controbilanciato da brutte gambe e piedi a papera. Gli uomini o sono burrosi e tendenzialmente grassi oppure del tipo tisico». Insomma il giovane Ansaldo si era perso Marlene Dietrich e le sue favolose gambe che erano già in bella mostra al Großes Schauspielhaus.

Chi invece dà giudizi diametralmente opposti è una ebrea viennese, Lili Grün, di cui Keller pubblica un gioiello di romanzo apparso proprio nel 1933, Tutto è jazz (pagg. 224, euro 16, traduzione di Enrico Arosio). Per la verve, il racconto evoca il romanzo del 1939 Addio a Berlino di un berlinese d'elezione, lo scrittore inglese Christopher Isherwood. Il racconto divenne famoso per il film Cabaret con Liza Minnelli. Lili Grün fa rivivere l'atmosfera incantata della Berlino trasgressiva, che si riuniva nei caffè e nei night sul Kurfürstendamm e che esaltava la nuova drammaturgia espressionista nei cararet e nei tabarin e andava in visibilio per i song e i Lieder dei drammi messi in scena dal giovane Brecht al Theater am Schiffbauerdamm, che ancor oggi ospita il brechtiano Berliner Ensemble. Lili Grün scrive con uno stile tutto suo, fantastico, vaporoso, ironico, laconico e preciso, che anima la scintillante gloria della ribalta berlinese, quella creata da Erwin Piscator e Max Reinhardt, ma che già percepiva la brutale tragedia scatenata dalle camicie brune, che avrebbero segnato la fine di una delle stagioni più straordinarie di Berlino, diventata un centro mondiale dell'arte, del teatro e dell'architettura, ed evocata dai grandi scrittori, da Döblin in Berlin Alexanderplatz ai romanzi di Joseph Roth e di Franz Hessel e dalle illiminazioni di Walter Benjamin, raccolte da Hannah Arendt, come documenta l'intenso volume L'angelo della storia (Giuntina, pagg. 263, euro 15).

Era la città esaltata dagli esaltati giovani espressionisti tedeschi e cubofuturisti russi. Il nazismo si abbatté su Berlino come una soffocante cappa di piombo, che dissipò per sempre il meraviglioso rinascimento della cultura tedesca. Al sogno folle di una Berlino imperiale seguirono le macerie immani, spirituali, morali e materiali, con l'epopea delle Trümmerfrauen, quelle donne che, a mani nude, mattone per mattone, ripulirono la città dalle rovine e cominciarono a ricostruire, mentre i vincitori si spartivano la Germania e Berlino nelle quattro zone d'occupazione. Anni duri, eppure ricchi di fermenti intellettuali, drammi umani ed esperimenti politici e culturali, terminati il 9 novembre 1989 con il crollo del muro che segnò la rinascita della città e del suo mito.

Berlino, ora come allora, non si identifica con la Germania, efficiente, operosa, disciplinata. Oh, no, Berlino è di nuovo l'altra Germania, quella ribelle, come hanno ben compreso e rappresentato Teresa Ciuffoletti e Roberto Sassi, due giovani italiani berlinesi, descrivendola in una godibilissima Guida alla Berlino ribelle (Voland, pagg. 270, euro 18), strutturata nei vari quartieri, illustrati da imperdibili mappe di luoghi e locali da visitare o da evitare, ma da non ignorare. Città affascinante e respingente, povera in confronto alle opulente e noiose città tedesche dell'ovest, sexy e sfrontata, ma non bella, caso mai malinconica con quei suoi struggenti tramonti sul Wannsee, rumorosa, nervosa, nevrotica, fastidiosa con la dittatura delle spietate biciclette, del green e del bio. Una città che ha una sua repressa violenza, percepita da Simon Urban in una inattesa distopia berlinese, messa in scena nel romanzo Plan D, in uscita da Keller (pagg. 448, euro 18,50, traduzione di Roberta Gado), in cui s'invita il lettore a immaginare un mondo nel quale il muro di Berlino non sia mai caduto, insomma un racconto sulla scia delle antiutopie di Orwell e di Philipp Dick. Come ha osservato Juli Zeh, si tratta di «una resa dei conti con le grandi ideologie distruttive del Novecento». Un romanzo e insieme un saggio che ci ricorda quale sostanza psichica era all'origine del muro, per cui i muri di pietra possono pur essere abbattuti, ma per atterrare quelli interiori e mentali ci vuole assai più tempo e fatica.

Ma oggi Berlino, ribelle (moderatamente) e spumeggiante e immemore, vuole dimenticare e divertirsi, tentando di rinnovare i fasti degli anni Venti, quando a Kurfürstendamm potevi incontrare Ferruccio Busoni e Rudolf Steiner, Einstein con l'architetto Erich Mendelsohn, Musil e Marinetti, Pirandello e Jean Genet, Crevel e Rosso di San Secondo, Isherwood con il suo amico W.H. Auden e Giraudoux, e perfino Kafka e Robert Walser. Di questa Berlino ha scritto Luigi Forte in Berlino. Città d'altri (in uscita da Neri Pozza), una metropoli confusa, caotica e tentacolare che continua a essere «il luogo d'incontro di sensibilità molto diverse, la scena su cui si proiettano esperienze contrastanti, un milieu di fantasie e utopie raccolte per le strade d'Europa».

Insomma, città di conflitti e scontri, ma anche d'incontri fecondi, aperti alla possibilità rischiosa, ma necessaria, di diventare una probabile sintesi delle pulsioni creative d'Europa. Una città dove tutto può ancora succedere.

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