La malattia mentale raccontata in "Tutto chiede salvezza"

Lo stigma della malattia mentale viene raccontato con un pizzico di dramma e di leggerezza nella serie tv italiana ispirata al celebre romanzo di Daniele Mencarelli

La malattia mentale raccontata in "Tutto chiede salvezza"

"La speranza è l’ultima a morire". Un motto che calza a pennello nel momento in cui si parla di Tutto chiede salvezza, la nuova serie italiana di Netflix che arriva in streaming dal 14 ottobre. Non è un periodo florido per il colosso della tv on-web che ha perso il suo primato come punto di riferimento per gli amanti della grande narrazione a episodi. Pochi gli esempi degni di noto – come The Sandman, ad esempio – ma di recente nessuno riesce (per davvero) a restare nel cuore del pubblico. Lo show italiano, che è liberamente ispirato al romanzo che ha vinto l’autorevole Premio Strega, è una boccata di aria fresca per il mondo delle serie tv. Sì, perché con poche e semplici mosse, e con una narrazione molto semplice e poco arzigogolata, Tutto chiede salvezza racconta il disagio della malattia mentale. Un cast tutto italiano, compostato anche da volti noti del piccolo schermo, per un prodotto promettente e che va ben oltre il semplice intrattenimento.

In appena due anni – era il 2020 – il terzo romanzo di Daniele Mencarelli ha cominciato a far parlare di sé con una storia che ha messo in mostra uno stigma che ancora oggi viene guardato con diffidenza. Grazie al passaparola sul web, soprattutto su TikTok, il libro ha scalato i vertici delle classifiche arrivando persino a vincere un ambitissimo premio. La serie, con le dovute eccezioni e rivisitazioni, costruisce uno spaccato vivido e sincero di chi soffre di problemi psicologici, evidenziando come tutti possono rinascere e ritrovare la propria stabilità. Abbiamo visto i primi due episodi di Tutto chiede salvezza e ora vi spieghiamo perché la serie merita di essere vista.

Un viaggio "all’inferno" ma carico di speranza

Il giovane Daniele (Federico Cesari) non riesce a ricordare ciò che è accaduto nel corso delle ultime ore. È come se avesse avuto un black out. Si risveglia in un reparto psichiatrico di un anonimo ospedale romano, scoprendo di essere stato sottoposto – per volere dei suoi genitori – a un Trattamento Sanitario Obbligatorio. Il ragazzo, ovviamente, non riesce a comprendere il motivo per quale sia stato rinchiuso in un reparto per malati mentali, e cerca di rimettere insieme i pezzi ricordando di un drammatico crollo psicotico che ha messo in pericolo la sua vita e quella dei suoi genitori. In quel reparto, dove si odono storie terribili, Daniele cerca di restare a galla e "sopravvivere" ai sette giorni del suo trattamento obbligatorio. Si muove con irrequietezza tra le mura di quell’ospedale, cercando di trovare una ragione in fondo alla sua follia e, nello stesso tempo, si trova coinvolto nelle storie dei suoi “compagni di stanza”, ognuno con una storia molto complessa alle spalle. Nella sciagura, però, Daniele trova il modo di rinascere.

Un po' drama, un po' commedia

Parlare di malattie mentali non è affatto facile. C’è il rischio di cadere in storie troppo drammatiche o in racconti per nulla veritieri. Tutto chiede salvezza, invece, riesce in un’impresa quasi impossibile. Con i toni di una commedia pungente e graffiante, la serie tv mette in scena un racconto forte e potente sull’importanza di essere se stessi e su quanto sia importante prendersi cura della propria salute mentale. Un problema che, oggi, a seguito delle prove a cui siamo stati sottoposti (il Covid e annesso isolamento) è diventato un argomento di vitale importanza, ma è ancora preso sotto gamba da chi crede che l’ansia e depressione siano malesseri passeggeri. E la storia di Daniele, questo ragazzo così inquieto ma dalla forte empatia, insegna come sia necessario imparare dai propri errori, e come il nostro corpo non sia una macchina infrangibile ma è un involucro sensibile, che a volte non riesce ad assimilare tutti i colpi inferti dalla vita, dal lavoro e dai rapporti interpersonali. Uno sguardo su un mondo nuovo, raccontato con leggerezza, intelligenza ma allo stesso tempo con un tratto commuovente e "buio", solo per far capire quanto lo stigma di una malattia mentale si può manifestare in qualsiasi modo e in qualsiasi momento.

Il divo di Skam in una fantastica prova da attore

Una serie che convince perché miscela bene sia il lato più leggero che quello più drammatico, facendo in modo che i due universi collidano armoniosamente. Ma, ad una regia troppo patinata per rappresentare la vita in un reparto di psichiatria, è il cast che fa la differenza. Al ritorno in tv di Filippo Nigro e Ricky Menphis (amato per il ruolo che anni fa ha ricoperto in Distretto di Polizia), spicca Federico Cesari. L’attore romano che ha trovato successo grazie alla serie di Skam – disponibile su Netflix –, qui interpreta magistralmente il ruolo di un ragazzo che cerca di mettere insieme i pezzi della sua vita. "È stata un'esperienza catartica – rivela in conferenza stampa durate l’anteprima di Tutto chiede salvezza -. Avere l'occasione di interpretare un personaggio così complesso, attraversare un racconto così intimo, è una grande responsabilità – aggiunge -. Tanto per rispetto del romanzo di Daniele quanto per le tematiche trattate. È un'opportunità grandiosa quanto difficile". Della stessa idea è anche l’autore del libro che, nella serie tv, ha collaborato come sceneggiatore. "Facciamo intrattenimento ma raccontiamo e perlustriamo un mondo di sofferenza, di grandi sentimenti nel bene e nel male – rivela -. E credo sia questo quello che la letteratura dovrebbe fare di solito: entrare nei luoghi e, appunto, scavarci dentro".

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Daniele Mencarelli che ha trasformato il dolore in arte

Al suo terzo romanzo pubblicato, l’autore ha trovato il successo che merita. Mencarelli, un po' come il personaggio di Tutto chiede salvezza, è uno spirito inquieto. Ha avuto un’adolescenza alquanto complessa. Quando era poco più che un ragazzo, infatti, la sua sensibilità lo ha portato a porsi diversi interrogativi, ai quali non è riuscito a darsi risposta. I suoi dubbi si sono trasformati in crisi di identità, e alla fine, in disagi mentali, che gli hanno causato un grave tormento interiore. Il giovane Mencarelli è arrivato a fare uso di sostanze stupefacenti, poi a diventare alcoldipendente, raggiungendo i peggiori livelli di abbrutimento e causando la disperazione della sua famiglia, che non sapeva più come aiutarlo. Da qui la sua permanenza in una clinica riabilitativa e l’idea per mettere su carta il dolore affrontato in una storia che, di fatti, è carica di speranza per le persone sensibili come lui.

Prima della serie tv c’era l’omonimo romanzo

Raccontare in tv – o meglio in streaming – il dramma di Daniele non sarebbe stato possibile senza il romanzo di riferimento. Lo show di Netflix non differisce più di tanto dalla versione cartacea. Ne prende i temi migliori e costruisce un ritratto fulgido e intenso come il libro. Arrivato nelle librerie a inizio del 2020 per Mondadori, ha avuto un tale successo che è balzato ai primi posti delle classifiche di gradimento. Il lessico è semplice, il racconto è coinvolgente, la storia parla al cuore del lettore. Di così grande successo che, nell’anno della pandemia, ha vinto il Premio Strega. Poi si è parlato di una serie tv che è stata scritta e diretta da Francesco Bruni, celebre per aver lavorato a Il capitale umano e Scialla!.

Perché Tutto chiede salvezza merita di essere visto

Di sicuro è una serie che non passerà inosservata. Colpisce proprio per la sua semplicità e per la forza di un racconto capace di arrivare al grande pubblico.

Piacerà ai fan del libro che troveranno l’anima del romanzo e a chi cerca una serie impegnata ma con i toni di una commedia di stile. Da non perdere anche perché racconta, con garbo, cosa succede in un reparto psichiatrico.

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