Tra "sacchi" di Burri e sculture di Fischer: un museo in vendita

Big Clay #4, il ciclope primitivo appena abbozzato dalla materia metallica, sfida i giganti rinascimentali

Tra "sacchi" di Burri e sculture di Fischer: un museo in vendita

Che ci fa quell'enorme cosa informe in piazza della Signoria? Che ci fa, tra il David di Michelangelo e Giuditta e Oloferne di Donatello? Il museo di scultura a cielo aperto di Firenze sembra chiederselo, al momento dello svelamento dell'opera di Urs Fischer.

Big Clay #4, il ciclope primitivo appena abbozzato dalla materia metallica, sfida i giganti rinascimentali, mette la natura al centro dell'uomo al contrario delle statue del Quattrocento e del Cinquecento. E non è solo. Sull'Arengario di Palazzo Vecchio due «Tuscan men» in cera rappresentano il segretario della Biennale internazionale dell'antiquariato Fabrizio Moretti e Francesco Bonami, curatore dell'esposizione «In Florence», intento al suo cellulare su un frigo semiaperto. Le figure vengono accese come candele e si consumeranno in un mese, simbolo della finitezza umana rispetto all'eternità dell'arte. Mentre la scultura di 12 metri rimarrà al suo posto fino al 21 gennaio. Divertito Fischer assiste all'operazione e, a chi gli chiede il significato della sua opera, risponde: «Ciascuno vede con i suoi occhi e pensa con la sua mente». Le contestazioni non possono mancare. «Sindaco, 'un c'era mica bisogno», sbotta un fiorentino a Dario Nardella. Lui accetta le critiche e difende la sua scelta, anche le provocazioni servono a guardare con occhio nuovo i capolavori antichi, a rompere l'assuefazione.

L'evento d'arte contemporanea del Cattelan svizzero segue quello di 2 anni fa di Jeff Koons. Scuote Firenze e caratterizza la 30esima edizione della Biennale dell'antiquariato, aperta fino al primo ottobre, che vuol essere più divulgativa, uscire dalla nicchia degli addetti ai lavori e attrarre non solo collezionisti ma semplici visitatori. A Palazzo Corsini, 80 mercanti d'arte italiani e stranieri espongono 3mila opere. Dipinti di Spagnoletto, disegni di Klimt, creazioni di Arman, sculture sacre, mobili cinesi e paraventi liberty. Una chicca è in mostra nello stand della importanete galleria Tornabuoni Arte, tra Picasso, Boldini e Fontana. «È uno dei rari sacchi di Burri - spiega Michele Casamonti - e non è mai stato presentato alle aste. Un pezzo raro, del 1953, che negli strappi e nelle ricuciture della tela rievoca angosce e speranze del dopoguerra. Abbiamo voluto portarlo a questa Biennale, che dopo la flessione di Parigi è la più importante in Europa. Il valore? 3 milioni e 800 mila».

Tutto si svolge sotto una luminosa struttura di lastre di cristallo incorniciate di bosso, che esalta le architetture del '600 e sostiene un giardino pensile che ogni anno cambierà fisionomia.

L'allestimento moderno è firmato dall'architetto Matteo Corvino, creativo scenografo e interior designer, che ha dato glamour a fiabeschi eventi nella sua Venezia, a Versailles e già a Firenze. Ora aggiunge fascino a quello che Moretti definisce «un grande museo in vendita».

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