Non solo i matti. Tutti noi chiediamo salvezza

C'è bellezza anche in un ospedale psichiatrico? La serie tv Netflix tratta dal libro di Mencarelli, Tutto chiede salvezza, ci porta faccia a faccia col dolore e ci fa toccare l'anelito alla salvezza che è di tutti

Non solo i matti. Tutti noi chiediamo salvezza

Può la bellezza sbocciare anche in un ospedale psichiatrico? Lì, tra le lenzuola logore, tra le medicine che annebbiano la vista e infiacchiscono le braccia, tra i corridoi scrostati e i bagni ingialliti, può la vita essere degna di essere vissuta? E, fuori da quelle stanze affaticate da mali stranianti, può ancora sbocciare la speranza? Speranza di vita, speranza di bellezza. Fuori da lì, dall'ospedale psichiatrico, è più facile da immaginare. Fuori da lì, la pazzia è nascosta dentro, dentro ognuno di noi. E, quindi, è ancora ammissibile sperare. Lì dentro, invece, la pazzia ha libero sfogo. Esplode e permea tutto quanto: le brande di metallo arrugginito, i pasti insipidi e dai colori tristi, le vetrate enormi che lasciano entrare il caldo quando fa troppo caldo e il freddo quando fa troppo freddo, e gli occhi. Gli occhi dei malati. Come sono quegli occhi? Sono poi così diversi da quelli delle persone che stanno fuori, oltre il muro di cinta che li costringe a non scappare?

Là dentro, in quell'ospedale, è un viaggio devastante. Anche se lo guardi in televisione. Anche se ad accompagnarti è la telecamera di Francesco Bruni in una nuova serie tv Netflix. Una camerata, sei ospiti. L'afa estiva. Tanto caldo da immaginarselo. E pure il sapore del cibo, quello scotto degli ospedali, viene subito sul palato, lungo tutta la lingua. E le lenzuola, stirate ma ruvide. E pure le giornate lunghe, quelle che al primo pomeriggio l'orologio sembra del tutto fermarsi, se ne riesce ad afferrare la noia, lo sprofondo dei pensieri vuoti e la solitudine. Ecco: la solitudine. Il mondo fuori e dentro tanta solitudine. E poi il dolore, la tristezza e le ferite. La fatica, anche. Come può lì dentro nascere bellezza? Come può la vita sbocciare in rapporti, affetti, legami? La risposta immediata è: non può. La risposta immediata è che ci sono vite che non sono più degne di essere vissute. Ma è una riposta sbagliata. E Bruni, che porta sui nostri televisori il bellissimo libro di Daniele Mencarelli, Tutto chiede salvezza, ce lo dimostra.

Certo, è un film. O meglio: una serie tv. Di quelle che non ti aspetti di trovare su Netflix. Daniele è anche il nome del protagonista, finito lì al termine di una notte in discoteca a base di canne, drink troppo carichi di alcol e coca (tanta coca). Il suo primo impatto è di disagio. Il disagio di trovarsi faccia a faccia con malati sui cui volti rifiuta di specchiarsi, ma un tso di sette giorni lo obbliga a stare con loro, a condividere il tempo con loro, a legare con loro. E il legame che ne scaturisce è germoglio di bellezza. È segno di un desiderio, di una preghiera.

"Dall’alto, dalla punta estrema dell’universo, passando per il cranio e giù fino ai talloni, alla velocità della luce e oltre, attraverso ogni atomo di materia, tutto mi chiede salvezza". Ecco la parola: salvezza.

Tutto chiede salvezza. Tutto chiede l'Eternità.

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