Rai 1
Clamoroso lo spiegamento di forze e di reti Rai, tivvù e radio, per il festival. Una settimana piena, dal cappuccino al risveglio fino alla tisana della buonanotte, ospiti mille, reduci, sopravvissuti, pensionati, sciacquette in lista d'attesa, vecchie glorie di un bed e di un breakfast, opinionisti di vario tipo, collegamenti satellitari, eurovisione, tentativi di scoop, varie ed eventuali. Uno sforzo immane, di uomini e di idee, si fa per dire, la Rai cerca di adeguarsi ai tempi ma è datata in tutto, nell'esibizione in prima fila, sulle rosse poltrone dell'Ariston, delle sue belle gioie, nella protezione oratoriale di errori e omissioni, nella difesa di un evento che pensa di vivere di rendita ma negli anni passati ha devastato i bilanci (all'epoca, mai furono confessati gli esborsi milionari e gli squilibri contabili ma vennero dette bugie, omettendo la verità palese, poi smascherata senza pudore).
La propaganda elettorale di Raiuno, dal mattino alla sera, passando tra i tiggì e le approssimative e caciarone vite in diretta, non ha raccolto il suffragio universale. Leone dovrebbe fare come suo padre, il grandissimo giurista Giovanni, che chiudendo la mano a pugno e tenendo alzati mignolo e indice, provò a scacciare il colera maligno durante una visita all'ospedale di Napoli. Il colera del festival è contagioso, sarebbe l'ora di sterilizzare l'ambiente, di rivedere il cosiddetto format, di ripassare il compito in classe, di tagliare i rami secchi e di capire, infine, che il festival è come certi alberghi di Sanremo e dintorni, musei di ragnatele e di antichi odori ma con prezzi correnti, molto correnti, come gli ingaggi di presentatori e ospiti. Il festival è un casinò con e senza accento, la Rai spera sempre nell'en plein e continua a fare il suo gioco ma sta uscendo troppe volte lo zero, tranne che nei conti. Leone spera che Fazio si ripresenti l'anno prossimo, altrimenti toccherà a Conti. Si potrebbe opinare sul fair play del direttore che considera il toscano una riserva ma così vanno le cose in casa Rai, là dove gli assunti per concorso risalgono ai tempi del monoscopio in bianco e nero.
Forse è anche inutile criticare il carrozzone ma non va trascurato il fatto che quei denari appartengono, oltre che agli sponsor, anche agli abbonati. I primi potranno eventualmente rifarsi con le carte bollate, i secondi devono stare zitti e seduti, tra uno spot e uno sproloquio.
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