"Sono il vincitore di X Factor ma non mi sento un tesorino"

Volto da bravo ragazzo, maturità al classico con 100, il giovanissimo talento: "Dentro sono un groviglio"

"Sono il vincitore di X Factor ma non mi sento un tesorino"

È molto più spigliato di come appare sul palco, per niente intimidito dalla ressa dei fotografi. Sorridente, ironico e maliziosetto più di come la sua faccia da bravo ragazzo farebbe intendere. Con un'ottima proprietà di linguaggio, una preparazione culturale e una profondità di pensieri che lasciano stupefatti al confronto con tanti altri diciannovenni (li compie giovedì prossimo). Insomma, Michele Bravi è proprio il classico figlio che tutti i genitori (e i nonni, come il suo che è proprio speciale) vorrebbero avere: nello stesso anno ha preso 100 all'esame di maturità (liceo classico) e ha vinto uno dei programmi più importanti della televisione italiana. Ha passato l'altra notte a festeggiare con tutti gli altri concorrenti di X Factor e ai cronisti nel primo pomeriggio si è presentato con gli occhi pesti e il ciuffo ribelle.

Dunque, Michele, ti senti un «tesorino» (copyright Simona Ventura) o un Morandi 2.0?

«Chiamatemi come volete, finora mi ha portato fortuna. Ma non sono poi così bravo come il pubblico mi ha percepito».

E come sei?

«Boh, non so neanch'io. Un groviglio di cose, come tutti i ragazzi. Anzi se proprio mi devo trovare un difetto direi che sono prepotente, se una cosa è mia nessuno me la deve togliere. E, in fondo, sono un disilluso».

Bè, essere disillusi dopo aver vinto un talent show a 19 anni, potrebbe scatenare la rabbia di migliaia di tuoi coetanei...

«Voglio dire che ho già capito che nella vita nessuno ti regala niente, ti devi conquistare tutto».

Dopo questo trionfo (57 per cento di preferenze nella finale), come affronterai l'infernale meccanismo del mondo discografico?

«Cercherò di trovare una mia strada. Sono molto acerbo, non ho ancora raggiunto un timbro che mi contraddistingua. Finora ho puntato molto sulla voce. Cantavo in piccoli concerti accompagnato solo dal piano».

A quando il tuo primo disco?

«Non so. Con la Sony (con cui ha vinto un contratto del valore di 300 mila euro) non ne abbiamo ancora parlato».

Ma hai canzoni nel cassetto?

«Sì, ne ho alcune scritte da me, ma credo che resteranno lì. Non sono ancora all'altezza di comporre. Le rileggo e mi chiedo “Ma io le vorrei ascoltare?” e mi rispondo di no».

Dunque ti farai scrivere i brani come è successo con l'inedito («La vita e la felicità») che ti ha regalato Tiziano Ferro per il programma?

«Penso a delle collaborazioni. E se Tiziano o Morgan, il mio coach, mi volessero ancora dare una mano non potrei che essere lieto. Finora ho cantato solo cover: Fossati, Paoli, De André, Tenco... So solo una cosa: l'obiettivo è far coincidere le mie capacità con il gusto di un determinato pubblico, altrimenti te ne puoi andare a casa».

Nella finale la cover di «Anima fragile» non ti è riuscita benissimo...

«In effetti no, non ho beccato alcune note e mi sono pure dimenticato dei pezzi del mio inedito. Ma c'era tanta emozione, e poi chissenefrega era la finale, una festa...»

Con Morgan ci sono stati momenti di tensione...

«Per me è stato difficile accettare i brani provocatori che mi proponeva, li accettavo ma non li metabolizzavo. Dopo ho capito il percorso che mi stava facendo fare: devo tutto a lui».

Il momento più difficile?

«Quando ho dovuto affrontare Little Wing di Jimi Hendrix. Morgan ha voluto osare, invece io in quella puntata volevo concentrarmi solo sul mio inedito. Lì ci siamo scontrati».

Riferimenti musicali.

«Janis Joplin, Amy Winehouse e gli Antony and the Johnsons».

C'è Sanremo in vista?

«Ci puoi andare solo se hai un brano forte, altrimenti fai la figura del cretino».

La tua vita da oggi in avanti.

«Università e musica. L'amore? Se arriverà...»

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