Tra stadi, arene e spiagge la musica live riprende fiato

Ha iniziato Vasco, chiude Jovanotti. In mezzo centinaia di eventi, qualcuno memorabile (gli Stones), altri meno

Tra stadi, arene e spiagge la musica live riprende fiato

Oddio, all'inizio le previsioni erano già buone. Ma adesso siamo all'euforia: è stata una delle estati più musicali di sempre, con una quantità di concerti, concertini e concertoni che manco ai tempi d'oro. Da Vasco, che ha aperto la stagione a Trento il 20 maggio, fino a Jovanotti, che la chiuderà con il Jova Beach Party di Bresso del 10 settembre, è stata una processione di grandi nomi, di entusiasmo, di code e pure di polemiche (sul Jova si è andati oltre...).

Dopo due estati di siccità pressoché totale, è arrivata la benefica alluvione di rock, pop e rap che ha soprattutto ridato ossigeno a un settore massacrato prima dalla pandemia e poi dal tipico strabismo della politica, tanto attenta a soppesare le opinioni dei cantanti quanto disinteressata al benessere del loro settore in crisi. La solita storia. Per fortuna si è ripartiti. Srotolando le cifre, Vasco Rossi ha venduto oltre settecentomila biglietti, Ultimo ha superato quota 600mila, Max Pezzali ha totalizzato ben 120mila persone in solo due concerti a San Siro, i Maneskin hanno riempito il Circo Massimo di Roma e via elencando i dati dell'estate in una lunga serie di sold out veri o (talvolta) generosi che hanno comunque dato il segnale atteso da tutti: mascherine, dad, disinfettanti e controlli non hanno anestetizzato la voglia di condividere e di stare insieme sotto un palco sudando e ballando come da copione. Ad esempio, sabato sera la Notte della Taranta a Melpignano - chez Dardust - ha addirittura portato duecentomila persone sotto il palco di Stromae, Samuele Bersani, Marco Mengoni, Massimo Pericolo e una Elodie impegnata a ballare la pizzica. E non era mica così scontato che la voglia di musica sarebbe rimasta rimasta intatta o addirittura crescesse.

Basta guardarsi intorno (e indietro) per rendersi conto che per tante settimane c'è stato praticamente un evento al giorno, qualche volta due (ad esempio Ligabue a Campovolo ed Elton John a San Siro il 4 giugno) talvolta addirittura tre in un calendario intasato da novità e recuperi di concerti rinviati nel 2020 e nel 2021. Nel macramè di show, qualcuno è destinato a rimanere nella storia, come quello dei Rolling Stones a San Siro con oltre cinquantamila paganti a bocca aperta davanti al 79enne Mick Jagger appena uscito dal Covid che a metà concerto correva come un centometrista sulla passerella con 30 gradi e un'umidità stile Apocalypse Now. È stata l'estate dei debutti, come quelli di Alessandra Amoroso, Salmo e Marco Mengoni «battezzati» dagli stadi, delle consacrazioni (grandi Pinguini Tattici Nucleari) e delle conferme come nel caso di Cesare Cremonini che ha portato in scena uno spettacolo sofisticato che resta un «format» ormai inconfondibile. Ed è stata pure l'estate degli eventi particolari, come il tour congiunto della leggenda Jeff Beck e del neoassolto Johnny Depp (trionfo a Umbria Jazz, manifestazione che da sola ha staccato 27mila biglietti) o come il favoloso Porto Rubino di Renzo Rubino oppure il No Borders che, tra i laghi di Fusine e l'Altopiano del Montasio, ha portato in provincia di Udine autentici gioielli come Trilok Gurtu, Paolo Fresu e Jan Garbarek, oltre a Brunori Sas, Silvestri e Tommaso Paradiso. Si sono riviste, e ci mancherebbe, anche le megastar del rock duro come Red Hot Chili Peppers, Iron Maiden (annullato per maltempo), Guns N'Roses, Scorpions e persino Kiss, impegnati nel più lungo tour d'addio della storia. In più, nel tabellino dei concerti bisogna inserire le migliaia di eventi locali in giro per l'Italia, specialmente nelle località di vacanza proprio come è sempre accaduto. Da Arisa a Giusy Ferreri, Blanco, Mahmood, De Gregori, Venditti, Ermal Meta e via uno dopo l'altro fino a comporre un cartellone sterminato.

Insomma, l'estate 2022 è stato un ritorno al passato. Con qualche riflessione. Si allarga la «forbice» tra chi mette la musica al centro e chi la considera un pretesto per festeggiare (specialmente i giovanissimi con rap, trap ecc.). E si alza sempre più l'età media dei protagonisti capaci di riempire gli stadi o garantire comunque platee sterminate. Forse è un segno dei tempi (e dell'abitudine all'ascolto solitario della «musica liquida»). Oppure è solo una fase transitoria.

Intanto, il meglio deve ancora venire perché in autunno c'è già il pienone di concerti. In attesa che nella prossima estate, da Coldplay a Springsteen a chissà chi altri, gli stadi tornino a fare la ola a tempo di rock.

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