La stagione dell'amore viene e soprattutto va

Luca Ricci, autore di "Gli autunnali", narra la passione (forse) surreale tra strani soggetti

La stagione dell'amore viene e soprattutto va

Si conobbero in uno di quei ghiacci pomeriggi di novembre in cui la gente comincia a indossare soprabiti pesanti. Un cappotto di loden verde e una doglietta beige. In quel primo incontro poterono solo guardarsi e cominciare a desiderarsi. Il cappotto di loden rimase folgorato dalla doppia fila di bottoni di lei, e da quel suo taglio a vestaglia che la rendeva sexy; la doglietta impazziva per le linee semplici e nette di lui, e per la sua lana calda che era una promessa di protezione. Si rividero abbastanza spesso in quei giorni di buio nuovo, e finalmente si ebbero. Si ebbero in un modo particolare, come possono aversi un cappotto di loden e una doglietta, senza ambizioni definitive di possesso. Piuttosto il loro era un tubare di lembi, tutto un gioco ad avvicinarsi e allontanarsi, a toccarsi gli orli, che in fondo del campionario erotico e amoroso sono i concetti più importanti, perché rammentano che le cose iniziano e finiscono.

Una volta, dentro un cinema, vennero perfino messi una sopra l'altro, e per quasi due ore rimasero così, a stretto contatto, a giacere nella penombra della sala, avvinti da una passione assoluta. Ma poi, dopo una festa sciagurata, i rispettivi proprietari dei soprabiti litigarono per futili motivi.

L'uomo, afferrando il cappotto di loden, disse: - Non ti voglio vedere mai più.

La donna, rinfilandosi velocemente la doglietta, rispose: - Mai più è poco per me.

E così passarono giorni in cui il cappotto di loden sospirava ripensando alla imbottitura di seta di lei, e la doglietta consumava il suo tempo nella nostalgia del bavero di lui. Le piogge d'autunno cupe e ossessive - così diverse dai temporali delle altre stagioni (la neve sciolta dei temporali invernali, gli acquazzoni primaverili bramati dalle lumache, i fortunali estivi rinfrescanti come la menta) - diventarono le loro lacrime, e bagnarono i loro bordi, quelle falde che inavvertitamente sbucavano da sotto gli ombrelli.

Perché quei due pazzi dei loro proprietari non facevano pace? La fecero, alla fine, perché tutto va come deve andare. Il cappotto di loden rivide il parco dove aveva incontrato la doglietta per la prima volta, ma quella donna adesso indossava un altro soprabito, un trench cammello antipatico e altezzoso. Maledisse il genio muliebre dei guardaroba ricchi di capi e alternative. Per settimane il cappotto di loden non riuscì a vedere la sua doglietta, e imprecando uscì quasi di senno, arrivando a pensare che si fosse innamorata di qualche altro soprabito, un montgomery coi bottoni di legno o un paltò di fustagno.

Passata qualche settimana riuscì a rivederla, ma durante un appuntamento frettoloso, dove l'uomo e la donna parevano essere assorbiti da altri pensieri, lavori pressanti, l'incombere del Natale. L'incontro durò giusto il tempo di un cartoccio di caldarroste, e il cappotto di loden restò chiuso in un'impotenza carica di gelosia, anche perché sapeva fin troppo bene cosa sarebbe successo di lì a poco. L'autunno stava finendo, e le temperature più rigide avrebbero indotto l'uomo a preferirgli un soprabito più caldo. Finì nell'armadio, appeso alla solita gruccia, e pazientemente aspettò. Rimase in ascolto del silenzio invernale, che ha un timbro tutto suo, di gelida impasse, e poi dei cinguettii primaverili, e poi degli schiamazzi estivi. Giunse di nuovo il momento, lo sapeva, l'autunno era tornato con la sua musica inconfondibile: un sussurro che troppo spesso si tramutava in un sospiro.

A novembre, puntuale, l'uomo lo tirò fuori dalla solita gruccia, se lo infilò, e infine percorse la strada per il solito parco ricoperto già di foglie rosse, arancioni e marroni, che stavano attendendo come ogni anno il solstizio per sgretolarsi. Arrivò anche la donna, per fortuna sempre la stessa, ma della doglietta non c'era traccia. L'uomo e la donna parlarono molto e molto grevemente. Dov'era andata tutta la leggerezza di un anno fa? Anche in loro esistevano stoffe scucite, cerniere guaste, bottoni saltati, zone che con l'andare del tempo, implacabilmente, si logoravano?

Il cappotto di loden era disperato, quando sentì pronunciare all'uomo la seguente domanda: - Ma quella doglietta vintage che ti mettevi sempre all'inizio della nostra storia dov'è finita?

La donna sorrise: - L'avevo presa a un mercatino, era piena di buchi e l'ho buttata.

L'uomo scosse la testa: - Non avresti dovuto.

- Perché?

- Perché è un nostro ricordo, il ricordo di quando tutto è cominciato. Tu eri un po' anche quella doglietta.

L'affermazione parve una sorta di triste vaticinio che puntualmente si avverò. L'uomo e la donna si lasciarono dopo una serie di parole che, benché in parte nessuno dei due avrebbe voluto pronunciare, non riuscirono a trattenere. Le parole cattive scavano un fossato, e poi è difficile ritornare dall'altra parte.

Così adesso l'uomo non avrebbe più rivisto la donna, così come il capotto di loden la sua doglietta.

«Esseri umani e cappotti non sono troppo diversi» pensò il cappotto di loden, mentre l'uomo lo riportava a casa, nonostante tutto, sferzati entrambi da un vento freddo.

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