Il treno, e il viaggio in treno, sono radicati nell'immaginario collettivo e legati a filo doppio con la nostra società e la sua evoluzione. Romanzi, film, canzoni sono stati dedicati alle rotaie, alle stazioni ferroviarie e agli enormi giganti di ferro che sfrecciano o, semplicemente, attraversavano i paesaggi Non c'è nulla di più evocativo dello scolorire del mondo attraverso un percorso sui binari, nulla di più struggente, romantico, gioioso di un saluto sulla banchina di una stazione.
«Il treno è una visione laterale della vita; non fai in tempo a vederla ed è già passata» diceva qualcuno, ed così anche se nella sua lateralità ha un'anima collaterale imprigionata nella vita di ciascuno di noi, che rende l'esistenza qualcosa che passando resta e germina. A raccontare il treno, a rievocare un passato grandioso, poetico, intimista anche se spesso costellato di difetti, inciampi e azzardi, arriva in libreria Storia meravigliosa dei viaggi in treno dello scrittore e giornalista di viaggi, Per J. Andersson (cofondatore della rivista di viaggi Vagabond) pubblicato da Utet.
L'autore dichiara immediatamente la sua complicità con il mondo di cui parla, perché i nonni e il padre hanno lavorato in questo settore, rendendoglielo da subito affascinante e al tempo stesso famigliare per molti anni; uno strumento di esplorazione e movimento in grado di coniugare immaginazione, spazio e tempo per se stessi e per il proprio lavoro. Un tempo dilatato e ritrovato che soltanto sul treno ha il gusto dell'incedere e al tempo stesso del fermo immagine.
Andersson dopo anni di spostamenti di questa natura, passa ovviamente anche all'aereo «tra un viaggio in treno e l'altro, pian piano aumentarono quelli in aereo, soprattutto a causa del mio lavoro di scrittore di viaggi anche se, come tutti, anch'io ho iniziato a prendere l'aereo per andare all'estero quando i prezzi dei biglietti hanno cominciato a scendere e quelli dei treni a salire» e lentamente scopre un'incongruenza tra il suo viaggiare e la salvaguardia di un mondo a cui tiene: «Scoprii per esempio che un quarto delle emissioni di anidride carbonica dell'Europa dovute ai combustibili fossili proviene dai trasporti, e che le automobili sono sicuramente le maggiori responsabili, ma i viaggi aerei e per mare sono al secondo posto. Vendetti la macchina, aumentai i viaggi in treno all'interno della Svezia, anche se continuai a volare quando dovevo andare nel resto del mondo», creando un equilibrio che potesse non destargli troppi conflitti interiori.
Le sue riflessioni morali e ambientaliste si sono così sposate anche con le domande sul perché si viaggi «A lungo ho cercato risposte a questo quesito filosofico semplice ma profondo. Lo scrittore Tomas Löfström, che ha collaborato a lungo con Vagabond, la rivista di viaggi che contribuii a fondare nel 1987, la formulò così: Il viaggio è legato a tutto ciò che ci rende Homo sapiens: la curiosità, la ricerca di conoscenze inutili, il desiderio di allargare la mente, di guardare oltre l'orizzonte, di ampliare la concezione del mondo e di trasformare in ordine il caos. L'immobilità è la madre della chiusura e dell'intolleranza. La mancanza di contatto con popoli che non sono come noi riduce la comprensione del diverso. La mia conclusione fu: se vedi un confine, attraversalo! Ci credo ancora. Ma con un'aggiunta: per il bene della terra fa in modo di muoverti in maniera più sostenibile!».
Da queste premesse e dal fatto che qualche anno fa i viaggi in treno erano considerati antidiluviani, una cosa di cui si preoccupavano solo gli ambientalisti fanatici e i nostalgici dai capelli grigi mentre ora invece sono l'ultima moda tra i giovani della classe media urbana, parte una narrazione a ritroso nel tempo, tra viaggi, riflessioni e storia.
Una meravigliosa e avvincente narrazione che porta il lettore tra le pieghe di una storia che ogni giorno gli passa sotto gli occhi oramai assuefatti a orari, ritardi, comodità e scomodità ma che non riesco, il più delle volte, a vedere lucidamente quanta vita ci sia in quell'ammasso di ferro.
Basti pensare a come il mondo ferroviario abbia inciso sul linguaggio: Essere sul binario giusto. Filare come un treno. Non perdere il treno. Prendere l'ultimo treno. Dobbiamo saltare sul treno. Sperare di non vedere nessuno che sbuffa come una locomotiva. La situazione è critica, ma cerchiamo di non uscire dai binari, di andare avanti a tutto vapore etc. Si può scoprire l'influenza avuta sull'orario e la puntualità: «La puntualità divenne un nuovo ideale, così come la velocità. Con i treni sorse anche la necessità di avere un tempo uniforme all'interno del Paese. Londra era quattro minuti avanti rispetto a Reading, sette e mezzo rispetto a Cirencester e quattordici rispetto a Bridgewater. Questo tempo eterogeneo non creava disagi, finché il traffico tra le città procedeva con lentezza tale che lo sfasamento temporale non veniva percepito fino a quando le compagnie ferroviarie cominciarono a standardizzare il tempo. Diffondendo un orario ferroviario comune alle compagnie affiliate, basato sull'ora di Greenwich, creata nel 1675 con l'istituzione del Royal Observatory». Fino ad arrivare al paesaggio urbano, alle abitudini dei cittadini abituati ai cavalli e alle lunghe corse su di essi o sulle carrozze.
Tra queste magnifiche pagine si trovano nozioni storiche mai pedanti, si svelano genius loci di locomotive, caratteristiche di alcune figure chiave di questo mondo e dei viaggi possibili, delle stazioni («Se le chiese furono costruite per esprimere devozione e destare religioso stupore, le stazioni furono, invece, un altare eretto al feroce dio della meccanica, della velocità e della tecnica») che ne compongono la ricca geografia.
Chiudono il libro gli apparati dedicati ai consigli sui viaggi in treno (agenzie e siti per spostarsi, compagnie ferroviarie paese per paese, charter tra i più lussuosi al mondo, etc) e ai viaggi nel cinema e nella letteratura. Un libro che tiene fede al suo titolo, magistralmente.
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