Cenerentola di Kay Cannon, audace rilettura in chiave musical della fiaba tradizionale, esce oggi in tutto il mondo su Amazon Prime Video.
Arrivato direttamente in streaming senza passare dalle sale, il film ha tutte le carte in regola per essere un successo, a cominciare dal fatto che segna il debutto sul grande schermo di una popstar mondiale come Camila Cabello. La ventiquattrenne cantautrice nominata ai Grammy firma anche alcuni brani di una colonna sonora già in lauta parte composta da cover di conosciutissimi brani pop contemporanei.
Inutile dire che nel cast di star il vero richiamo sia lei, forte com’è di un esercito di cinquantacinque milioni di seguaci su Instagram. Bellezza latina lontana dalla perfezione artefatta che ha imperato fin troppo a lungo sia sui social che fuori da essi, questa giovinetta d’origine cubana è a prima vista la classica ragazza della porta accanto. Forse appare un po’ più sguaiata di come ci si aspetterebbe, ma è evidente che rispecchi la spontaneità di un’intera generazione, a qualunque coordinata geografica.
La trama di Cenerentola è sempre la stessa dalla notte dei tempi ed è molto più antica e presente a livello archetipico a latitudini e longitudini diverse di quanto si immagini, perciò non è il caso di ripeterla.
Quel che è certo è che nell’Olimpo delle Wannabe Princess, “Cenerentola” è sempre stata una delle icone fondamentali, fulcro non solo di una storia conosciuta ed amata a livello universale, ma anche artefice di vere e proprie sindromi psicologiche debilitanti. In questo senso l’attualizzazione della fiaba si pone come antidoto a “danni” seminati per secoli: qui la felicità non è più riposta nel sogno d’amore coronato, bensì nell’autorealizzazione che passa anche dall’affermazione professionale. L’eroina protagonista è infatti assetata di indipendenza al punto da vedere nel ballo un modo per “piazzare” le sue creazioni da aspirante stilista. Oltre a ciò, il piglio moderno al film è dato dalla musica contemporanea, inserita per ossimoro in un contesto finto medievale da parco giochi.
Puntando su di un tocco pop e contemporaneo, “Cenerentola” del corrente anno 2021 è un film mediamente graffiante nelle scene clou e un po’ noioso in molte altre di collegamento, ma sa sfruttare appieno sia l’affabile spontaneità che il talento cristallino della sua attrice protagonista.
Resta innegabile che, per chi abbia assimilato da decenni la Cenerentola vecchio stampo, a questo giro di valzer la nostra ambiziosa giovane donna non perde solo la scarpetta, ma anche la classe innata che le veniva riconosciuta nelle trasposizioni passate. La Cabello è decisamente ruspante: forse per prendere le distanze dalla sdolcinata fanciulla che restava passiva nella fiaba classica.
Nonostante da Amazon Prime Video l’ensemble sia venduto come la versione “fresca e stimolante” della Cenerentola che fu, l’incoerenza nel rappresentare lei e le altre figure femminili nel film regna sovrana: tutte oscillano continuamente tra volitivo girl power e vecchi cliché come una certa seduttiva sudditanza.
Nel cast ci sono volti noti come Minnie Driver e Pierce Brosnan, nei panni di genitori del Principe.
Se però del film si parla da mesi è soprattutto per la presenza di una fata madrina a prova di barriera di genere e impersonata da un celebre attivista Lgbt+, l’afroamericano Billy Porter. Peccato che con la solita scusa dell’autoironia si mandi in scena una figura che paradossalmente riassume gli aspetti più beceri (e quindi alla lunga ghettizzanti) del cosiddetto gay pride.
La vera audacia,
in questi tempi così incerti e contraddittori, consiste nel restare di buon senso ovvero alla larga sia dal politicamente corretto che dal suo contrario. Ma la strada verso la lucidità appare ancora lunga.
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