Il teatro maleducato (e creativo) racconta la crisi del matrimonio

Convince «Love» di Fabio Morgan e Ferrari Carissimi all'Orologio di Roma

Il teatro maleducato (e creativo) racconta la crisi del matrimonio

Che succede quando l'amore diventa odio? Il vincolo del matrimonio sembra oggi non essere legato a sinonimi di affetto e rispetto, ma a quelli di astio, incomprensioni, infelicità. Per non parlare della violenza. Violenza intrafamiliare in costante crescita, come dimostrano le carte processuali. Sarà anche questa una conseguenza nefasta della crisi?
In questo clima di conflitti il teatro non può che riflettere questo momento di maleducazione sentimentale. Nuove le sperimentazioni, nuovi i racconti di giovani autori che affrontano con lucida analisi questa difficoltà generazionale. Un altro dato: dal 1995 a oggi il numero delle separazioni è raddoppiato e quello dei divorzi registra un più 61 per cento, come spiega nel suo libro I perplessi sposi l'avvocato matrimonialista Gian Ettore Gassani. Al teatro dell'Orologio di Roma è in scena fino al 3 febbraio lo spettacolo Love l'amore ai tempi della ragione permanente di Fabio Morgan e Leonardo Ferrari Carissimi, che ne cura anche la regia. Il testo è un amaro ritratto della disgregazione matrimoniale borghese dei nostri tempi. Trattasi di un racconto «decadente».
Mostra in una cena di compleanno, il faccia a faccia duellato fra Davide, uno psichiatra cinico e disilluso (Marco Cocci) e sua moglie Virginia, avvocato di grido di buona famiglia (Anna Favella, nella foto). L'apatica acquiescenza di sopportarsi a vicenda, dopo due sorsi di champagne non regge più e tutti i riti dello stare insieme, tutte le ipocrisie del quieto vivere, cadono in un dialogo arido, egoista, disilluso, senza sangue e carnalità. Il microcosmo borghese secondo gli autori è irrimediabilmente fatto di recriminazioni e questa generazione è stata educata a tutto fuorché al sentimento. È un fatto di status però. Nella stessa casa infatti, coabita una coppia di domestici di colore, Adam (Eliud Luciani) ed Eve (Nadia Kibout) che rappresentano un mondo profondamente diverso di quello dei loro padroni.

Un finale noir da non svelare e una regia che nella scena di Alessandra Muschella e nelle luci di Marco Scattolini, sottolineano un ambiente bianco, piatto, come certi toni recitativi (gioie e dolori non sembrano lasciare traccia); un ambiente simile a quello descritto da Moravia ne Gli indifferenti: «tutto intorno era senza peso, senza valore, effimero come un gioco di ombre e di luci». Suggestiva la colonna sonora di The Niro.

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