Ieri a Cannes è stato il giorno del film “Top Gun: Maverick” e di Tom Cruise.
A chi si domandi se valga la pena vedere il seguito di una pellicola che ha fatto epoca, uscendo 36 anni fa e diventando poi un cult, la risposta è felicemente affermativa. Difficile ricordare un sequel tanto galvanizzante e al passo coi tempi, pur essendo girato nel solco dell'originale cui rende omaggio.
Il carisma di Cruise è un dato di fatto e nell’opera in questione (ma anche ieri sul red carpet) il nostro appare una sorta di alieno, considerato come sia passato su di lui il tempo, ovvero con una benevolenza che non sembra di questo mondo.
Il Maverick del film è ancora tale e quale, con qualche ruga in più certo, ma con lo stesso atteggiamento accattivante, le medesime maniere un po’ spaccone e il sorriso da eterno ribelle che aveva nell’86. Che sia ai comandi di un jet futuristico oppure, inforcati i Ray-ban e indossato il giubbotto in pelle, al volante della sua moto, incarna ancora il mitico binomio di bellezza e velocità, così come il mix di testardaggine e invincibilità. La tempra del personaggio, col senno di poi, sfuma in quella del suo interprete, considerato il carattere che Cruise ha mostrato in tutti questi anni: dopo aver preso parte a film d’autore si è imposto come un’eccellenza del genere action, in cui è nota la sua ostinazione a rifiutare controfigure. Insomma, il divo e il suo alter-ego cinematografico hanno lo stesso piglio indomito, nonché uno sprezzo del pericolo forse figlio di una dipendenza dall’adrenalina. Entrambi sono ancora i migliori nel fare quel che fanno e non hanno intenzione di smettere.
L’inarrivabile temerarietà a questo giro si declina, pare, nella volontà di non ricorrere alla computer grafica per simulare voli che non sono facili da descrivere. Le scene aeree sono il trionfo del virtuosismo tecnico e l'azione ha un dinamismo che solo l’evoluzione tecnologica può rendere tanto fluido e al tempo stesso travolgente.
Aggiungete il fatto che alla sceneggiatura e alla regia, dopo l’indimenticato Tony Scott, stavolta ci sono le stesse persone che hanno accompagnato Cruise negli ultimi anni, artefici dei più recenti capitoli della saga “Mission Impossible”, e capirete come “Top Gun: Maverick” sia elettrizzante e nato per essere goduto sul grande schermo.
La struttura del racconto è molto classica e ricalca quella del primo film verso il quale i rimandi sono continui ed efficaci. Un modo per celebrare Scott, cui l’opera è dedicata.
Maverick, anche se pluridecorato, ha rinunciato agli avanzamenti di carriera pur di continuare a collaudare aerei ed è diventando “l’uomo più veloce del mondo”. Per una serie di motivi rientra alla TOPGUN, la scuola di combattimento per i migliori piloti della marina militare statunitense, questa volta come insegnante. Dovrà addestrare e poi scegliere sei allievi, tra cui il figlio di Goose (il compagno che gli morì tra le braccia), per renderli in grado di compiere, in un non meglio specificato Paese nemico, quella che sulla carta è quasi certamente una missione suicida.
Come già in Top Gun alle scorribande in alta quota fanno da contraltare le bevute al bar e le questioni sentimentali. Nella fattispecie non c’è solo da riconquistare Penny (Jennifer Connelly), mamma single che gestisce un locale dove i piloti si rilassano dopo l’addestramento, ma anche da sbrogliare la matassa di non detti nel rapporto con l’orfano del collega.
La narrazione procede in maniera semplice tra azione, emozioni e vecchie conoscenze riuscendo a tenere in equilibrio sia una certa profondità malinconica sia la giusta dose di levità. Non c’è stucchevolezza né nella love story tra due persone in età matura né nell’esplorazione della dinamica col figlio di Goose. C’è molto spazio per la fragilità dell’esistenza, declinata qui visivamente anche in un Val Kilmer-Iceman segnato dal cancro alla gola nella pellicola come nella realtà.
Il commento musicale, un miscuglio tra brani leggendari e nuove sonorità che spazia da Moroder a Lady Gaga, amplifica ora il brivido nostalgico ora l’eccitazione e la tensione per quanto è sul punto di accadere.
Il progresso tecnologico è sia materiale narrativo (i piloti saranno presto rimpiazzati dai droni) che l’evidente caratteristica visiva del film. Eppure “Top Gun 2” è molto più che mero rombo di motori e manovre spericolate ai limiti del plausibile: è un racconto di crescita emotiva e psicologica che abbraccia individui di diverse generazioni. Oltre che ode allo spirito di squadra e dimostrazione di come l'elemento umano sia insostituibile per fare la differenza, “Top Gun: Maverick” è un viaggio nei temi della perdita, dell'eredità e della rinascita.
Non occorre essere fan del film dell’86 e neanche è strettamente necessario ricordarlo o averlo visto per regalarsi l'esperienza sbalorditiva di entrare nell'abitacolo dei jet fighter, infrangere il muro del suono e sentire una pressione gravitazionale deformante. Tutto ciò è permesso dalle soggettive di un film che, quando pensi di esserti assuefatto a tanta spettacolarità, rilancia con una parte finale che è quella che più prende le distanze dall’originale e diventa un crescendo di sperimentazione cinematografica.
Insomma, "Top Gun: Maverik" è davvero molte cose assieme, su tutte un atto d’amore verso un passato glorioso e un personaggio mitico (che non avrebbe potuto essere interpretato da nessun altro) e l’esplorazione delle odierne possibilità della settima arte.
“Top Gun: Maverick”
sarà nelle sale in anteprima il 21 e 22 maggio in tutti i cinema che aderiranno all'iniziativa. La distribuzione ufficiale inizierà il 25 maggio, con due giorni d'anticipo rispetto all'uscita nord-americana.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.