Torna Stranger Things. È diventata "liberista" e con una vena horror

La serie di culto, che fa rivivere gli anni '80, vira verso il gotico e racconta la fierezza Usa

Torna Stranger Things. È diventata "liberista" e con una vena horror

Scrivere una lettera d'amore agli anni Ottanta, questo era l'intento dei fratelli Duffer, ideatori di Stranger Things: raccontare un'epoca che ha affascinato tutte le generazioni a venire. Ad ogni nuovo capitolo che sbarca sulla piattaforma, la serie dimostra di aver mantenuto saldi i propositi iniziali. Tra i titoli di maggior successo di Netflix è ormai un fenomeno di costume con fan in tutto il mondo, che sta per avviarsi al finale previsto per la quinta stagione. Da domani, è in arrivo il primo volume della quarta (il secondo dal 1 luglio), epica per la scrittura e per l'audace inserimento di nuovi personaggi, tra cui Argyle, interpretato dal noto comico americano Eduardo Franco.

«La prima stagione ricorda I Goonies», racconta Charlie Heaton (nella serie Jonathan) «la quarta, invece, Nightmare- Dal Profondo della notte (ndr cult horror dell'84 diretto da Wes Craven)». Non a caso sarà presente Robert Englund con un ruolo chiave, colui che ha vestito i panni dello spaventoso Freddy Krueger. «I Duffer prima di girare ci hanno chiesto di guardare Nightmare. Vedere certi classici e poi lavorare con chi ne ha preso parte è stato fantastico», confida Natalia Dyer (nella serie Nancy) «Questa quarta stagione è molto più scura, è la più terrificante di tutte».

L'horror stavolta sarà il punto chiave, con ispirazioni esplicite (e furbette) alla saga di Halloween e al suo protagonista, l'omicida mascherato Michael Myers. «I personaggi sono cresciuti, come del resto la serie stessa e anche i nostri fan», precisa Heaton. Da qui l'esigenza da parte degli ideatori di tentare la strada di un racconto più maturo, evoluto. «Un po' come accade nei film di Harry Potter, gli ultimi sono molto diversi dai primi. Alla fine tutto rimane centrato sui personaggi, è questo che piace al pubblico». Personaggi che sono diventati idoli per i fan di tutto il mondo, ma che ritroviamo cambiati, non solo fisicamente. In effetti sono passati sei mesi dall'ultima battaglia di Hawkins contro il Mind Flayer. Il prezzo da pagare è stata la perdita dei poteri paranormali da parte di Eleven (Millie Bobby Brown), che in questa stagione si è trasferita in California con i Byers. Hopper (David Harbour) si ritrova in Russia, mentre il resto della banda è rimasta a Hawkins, nell'Indiana.

Stranger Things 4 rappresenta un punto di rottura, con relativi rischi. I protagonisti sono troppo cresciuti rispetto alla stagione precedente (quasi troppo, sarebbero passati solo sei mesi dalla battaglia di Starcourt), credibili per un pelo nel loro intento di combattere il nemico facendo squadra come un tempo.

Le loro amicizie d'infanzia zoppicano, perdono equilibri e nuovi problemi da liceali sono dietro l'angolo. Eleven, protagonista assoluta, sarà alle prese con episodi di bullismo scolastico, simili a quelli che vive la protagonista in Carrie-Lo Sguardo di Satana di Brian De Palma. Insomma, i protagonisti sono cresciuti, la scommessa è capire se lo siano davvero anche i fan.

A farla da padrone, in questa stagione, una lotta psicologica contro un male che è più interiore, fatto di incubi, paure, insicurezze tipiche dell'adolescenza. A far la parte dei cattivi in carne ed ossa, ancora una volta, i russi. Girata in epoca pandemica e considerando la situazione politica attuale, continuare a identificare la Russia come il nemico americano da abbattere sa quasi di atmosfera profetica nei confronti dei tempi che stiamo vivendo. La quarta stagione è in sostanza un'interessante celebrazione dell'America liberista, ma con ironia.

Fantascienza, horror, commedia, dramma, tanti registri che cambiano velocemente. «Questa è la stagione più sviluppata, la mia preferita insieme alla prima», racconta Heaton.

«Con nove copioni, due anni di riprese, migliaia di effetti visivi e una durata pressoché raddoppiata, questa è stata la stagione più impegnativa», precisano i Duffer, «ma anche quella che ci ha dato più soddisfazioni».

Una serie che è un innegabile successo, ma che si conferma un'astuta manovra per nostalgici.

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