La vera "pietra della follia" di Labatut è credere che la razionalità sia un male

Per l'autore, il progresso alimenta la violenza. Come se prima non ce ne fosse...

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Al Museo del Prado c'è un piccolo quadro di Hieronymus Bosch del 1494 comunemente chiamato Cura della follia o Estrazione della pietra della follia, che ritrae una superstizione medievale, ossia che la follia o la stupidità fossero causate da una pietra che cresce spontaneamente nel cranio. È questo quadro che dà il titolo a un piccolo libro appena uscito in Italia, La pietra della follia, di Benjamín Labatut (edito da Adelphi, pagg. 77, euro 5), già autore del precedente libro di successo Quando abbiamo smesso di capire il mondo (sempre edito da Adelphi). Che cos'è la follia per Labatut? Il problema di Labatut è che è cileno come Bolaño, ma senza essere lo scrittore immaginifico che è Bolaño.

Si interessa alla scienza ma per uscirne confuso, e sostenere che la razionalità porti l'uomo alla follia. In fin dei conti nell'ultimo secolo e mezzo la nostra stessa specie, dall'intero universo visibile all'infinitamente piccolo, dalle cellule alle molecole agli atomi ai quark, tutto ciò che sappiamo ha sconvolto ogni idea di ordine. Ma che cosa c'entri questo con l'elezione di Donald Trump (perché a un certo punto arriva lì) non saprei. «Ci troviamo pericolosi uomini folli al potere perché incarnano la forza della non-ragione e cavalcano l'onda frenetica del cambiamento come nessuna persona dotata di buonsenso farebbe mai».

Grandi freni contro il progresso sono stati Hitler o Stalin (non per altro anti-liberisti e anticapitalisti), ma se andiamo nel lungo periodo, come analizza in un suo voluminoso studio Steven Pinker, stiamo vivendo il periodo di pace più duraturo in assoluto, e la violenza negli ultimi secoli è andata drasticamente calando (nonostante sembri amplificata dalle notizie), e Trump, per quanto pazzo, ha semplicemente perso le elezioni e se ne è andato. C'è una follia in internet, ha ragione Labatut, ma siamo sicuri che non ci sia mai stata prima? Giacomo Leopardi racconta che nella sua visita a Roma era meglio non uscire di casa perché c'era almeno un omicidio ogni sera. Il progresso scientifico e tecnologico ci ha portato a vivere tre volte tanto. Siamo in piena pandemia, ma abbiamo trovato un vaccino in tempo record.

Quello di cui sembra lamentarsi Labatut è che, filosoficamente, regni il caos e manchi un ordine, un centro. Come specie umana deriviamo da batteri vissuti quattro miliardi di anni fa, siamo vicino a una delle cento miliardi di stelle della nostra galassia tra miliardi di galassie e l'universo si sta disintegrando.

Questo per le nostre illusioni immortali è certamente vero (ma anche lì c'era già drasticamente arrivato Leopardi). Tuttavia vorrei ricordare a Labatut che lo storico Hans Sedlmayr nel 1948 pubblicò un saggio intitolato proprio Perdita del centro dove auspicava il ritorno a antichi valori, perfino ai polittici gotici. Era un nazista. Per carità, Labatut non è Sedlmayr, ma il bello, per tutti noi, non è quando abbiamo smesso di capire il mondo, è quando abbiamo cominciato a capirlo. Un casino, ma sempre meglio di prima. Basta vedere la vita che fanno tutti coloro che vivono come migliaia di anni fa e si imbarcano rischiando la vita per venire da noi. Sono meno confusi di Labatut.

D'altra parte a Vasco Rossi,

per dire la stessa cosa, è bastato cantare: voglio trovare un senso a questa vita, anche se questa vita un senso non ce l'ha. Senza arrovellarsi troppo. Ma anche Vasco non è un immaginifico cileno, non rischia di impazzire.

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