A 160 anni dall'Unità d'Italia è ancora complesso fare un ragionamento, sine ira et studio, sugli eventi che portarono alla nascita del nostro Paese. Facilmente si oscilla tra la narrazione oleografica, che fa del Risorgimento un epoca romantica popolata da una accolita di eroi, tutti patria e coraggio, e quella revisionista che trasforma i Savoia in feroci colonialisti a danno del Sud. Non è stupefacente. La prima narrazione è figlia di un Paese appena nato che dopo secoli dominazioni straniere doveva costruirsi un mito fondativo. La seconda narrazione mira a trovare una giustificazione, assolutoria, per spiegare il divario socio economico tra nord e sud. Entrambe attingono, quando ben condotte ed argomentate, ad un fondo di verità ma spesso scelgono di mettere altre verità sotto il tappeto. Ecco che allora può essere interessante la lettura del saggio che da oggi sarà in allegato con il nostro quotidiano: 1861. La storia del Risorgimento che non c'è sui libri di storia (pagg. 288, euro 8,50 più il prezzo de Il Giornale).
I due autori, Giovanni Fasanella e Antonella Grippo, hanno dato vita ad un lavoro con un taglio molto particolare. Hanno identificato criticità che il nostro Paese si porta dietro, in forma secolare, e hanno provato a rintracciarne l'origine proprio nel complesso meccanismo unitario. Quindi il libro è un libro a tesi e scientemente decide di esplorare alcune latebre del Risorgimento. Ad esempio un capitolo è tutto dedicato alle manovre meno note orchestrate da Camillo Benso di Cavour. Le strategie e le doti del Conte vengono elencate tutte. Tra queste anche quella di capire benissimo che l'unità d'Italia non era una faccenda italiana. E nemmeno una faccenda che poteva essere portata avanti senza solidi appoggi bancari internazionali. Cavour fu bravissimo a far entrare il Piemonte nel «cooncerto» delle potenze europee. Riuscì in sostanza a garantirsi un utilissimo appoggio franco inglese proprio mentre Ferdinando II re delle Due SIcilie sbagliava cavallo e scommetteva su un'alleanza con gli Zar. Cavour vinse così per i Savoia, anche se amava poco Vittorio Emanuele II, una difficile partita. Partita che nel resto del libro è descritta soprattutto nei suoi aspetti di accordi segreti e di manovre spionistiche. Con grande attenzione a personaggi fondamentali come Filippo Curletti, che fu l'uomo di punta delle attività coperte di Cavour, ma che difficilmente compaiono nei libri di storia. Risulta evidente che Cavour, con queste premesse, finì per lasciare in eredità al Paese non solo l'unità ma anche una serie di situazioni complesse e tutt'altro che trasparenti.
Situazioni che se lui gestiva con un misto di genio e spregiudicatezza, politici meno accorti le avrebbero, nel tempo, fatte degenerare in suddittanza a interessi stranieri, tendenza ad azioni fuori dai normali canali istituzionali, sfiducia della popolazione verso le istituzioni... Ovviamente si tratta di un problema storiografico complesso che nessuno può risolvere d'incanto. Ma la sbirciata che Fasanella e Grippo fanno dare al lettore nel retrobottega, sporco, del Risorgimento è interessante.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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