Il viaggio di Piccioni non basta a salvare gli italiani in Laguna

Anche «Questi giorni», terzo film in concorso non convince, pur con quattro brave attrici

Il viaggio di Piccioni non basta a salvare gli italiani in Laguna

da Venezia

Che cosa resterà della selezione dei film italiani alla 73a Mostra del cinema di Venezia ora che è passato in concorso anche il terzo film battente bandiera verde, bianco e rossa, Questi giorni di Giuseppe Piccioni? È la radiografia della varietà del nostro cinema «che non si è completamente arreso, assuefatto ai suoi precetti, e che si muove anche attraverso forme che possono sembrare difficili», come ha avuto modo di dire il direttore del festival Alberto Barbera, oppure è il segno inequivocabile di una situazione più prosaicamente mancante di idee e di cinema? Verrebbe da dire che la verità sta nel mezzo, ma forse stavolta non è neanche così. Magari c'è qualcosa di più grave e profondo che ha determinato una selezione non soddisfacente e che il festival di Cannes del maggio scorso aveva anticipato con il campanello d'allarme di zero titoli italiani in concorso.

Fatto sta che la nostra tripletta in concorso appare ora come un azzardo non riuscito - poco probabile che porteremo a casa qualche premio - un tentativo di tenere tutto insieme quando invece le differenze, le debolezze e le fragilità di pellicole così eterogenee non lo consentono. Sembra quasi una barzelletta: c'è un documentario di creazione, una commedia generazionale e un viaggio on the road. Parliamo di Spira mirabilis di Massimo D'Anolfi e Martina Parenti con il loro close-up sull'ormai famosa medusina che si autorigenera, Piuma di Roan Johnson e Questi giorni di Giuseppe Piccioni. E se la scelta di inserire in concorso un film «difficile» (che è proprio una categoria riconosciuta dal ministero dei Beni culturali) come Spira mirabilis più che coraggiosa è giusta nell'ottica di una Mostra d'arte cinematografica, più debole appare quella degli altri due film. Piuma è una curiosa commedia romanesca che avrebbe avuto la sua vetrina perfetta al prossimo Festival di Roma, vista anche l'uscita prevista a ottobre. Magari qui avrà pesato la volontà del produttore Carlo Degli Esposti che si è visto proporre il fuori concorso per Tommaso di Kim Rossi Stuart e avrà spinto per Piuma. Storia di una coppia di due ragazzi che agli esami di maturità scoprono di aspettare un bambino. Tema molto simile a un altro film italiano che non ha trovato la strada del Lido, Tutto per una ragazza di Andrea Molaioli, girato al Villaggio Olimpico a pochi metri dall'Auditorium di Roma dove forse lo vedremo al festival che proprio lì verrà ospitato dal 13 al 23 ottobre.

Questi giorni di Giuseppe Piccioni invece, pur essendo più interessante, anche formalmente, dei suoi ultimi lavori non convince del tutto. La scelta di far partire in ritardo il viaggio on the road di queste quattro ragazze ventenni che da Gaeta (ma sarebbe dovuta essere Ascoli Piceno, città natale del regista dove già ambientò il suo esordio Il grande Blek, abbandonata dopo la rinuncia degli imprenditori locali a portare avanti gli investimenti promessi) si spingono fino a Belgrado crea uno sbilanciamento che nell'economia del film si traduce in uno scompenso narrativo. Un'impostazione però fortemente voluta dal regista: «Mi piace che il film abbia un sentimento irregolare, di solito questo tipo di film parte quando inizia il viaggio, io invece ho detto che dovevamo tergiversare per arrivare poi al nucleo centrale del viaggio, dove si fanno strada i loro problemi insieme alla spensieratezza». In uscita giovedì prossimo nei cinema, Questi giorni, liberamente ispirato al romanzo, addirittura inedito, Color betulla giovane di Marta Bertini, è interpretato da quattro giovani e molto brave attrici, Maria Roveran, Marta Gastini, Laura Adriani, Caterina Le Caselle. Accanto a loro le partecipazioni di peso di attori come Margherita Buy nel ruolo della madre di una delle quattro e Filippo Timi in quello di un professore universitario.

Con il senno di poi, fermo restando ciò che ha detto il direttore del festival e cioè che «in assenza dei film dei grandi maestri abbiamo cercato di testimoniare una vitalità indiscutibile», viene da pensare che nelle sezioni collaterali e autonome ci fossero le opere italiane migliori.

Come nella Settimana della critica dove è approdato l'esordio nella finzione di Irene Dionisio, autrice molto interessante di Le ultime cose o come alle Giornate degli autori con Indivisibili di Edoardo De Angelis sulle due gemelle siamesi cantanti neomelodiche. La vera sorpresa del festival, in sala il 29 settembre.

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