La prima volta stava con uno zucchetto di lana in testa, la faccia tesa, stravolta, a discutere concitato con un losco figuro, fra i contestatori davanti a Montecitorio. La seconda sui marciapiedi d'una via consolare di Roma, a rischiare le botte fra le prostitute e i protettori. Dov'era finito l'elegante conduttore dall'aplomb sempre impeccabile, anche in mezzo ai marosi de L'Arena? Semplice: in strada. «È stata la chiave del successo della decima stagione - commenta Massimo Giletti -. I grandi fatti di cui parliamo in studio accadono, in realtà, fuori di lì. E quindi siamo andati a cercarli proprio lì dove si svolgono».
Era l'uovo di Colombo, in fondo.
«Noi che facciamo tv tendiamo a credere che la vita inizi e finisca dentro uno studio. Io ringrazio il mio autore Fabio Buttarelli, che ha insistito perché quest'anno uscissimo allo scoperto. In tutti i sensi. Documentare i problemi dal vivo, parlarne direttamente coi protagonisti. E sottoporli - dodici filmati esterni in due ore e mezzo di programma - al politico di turno. Che a quel punto non può più fingere d'ignorarli».
Risultato: «L'Arena» decimo anno vuol dire 4 milioni di telespettatori e uno share del 21,7. Un programma nato solo come la terza parte di un altro («Domenica In») e divenuto nel frattempo... Divenuto cosa?
«Il talk show più seguito. Non sono io a dirlo: ma i numeri. Tanto più pesanti, se si considera la stagione, più affollata che mai da programmi dello stesso genere, vecchi e nuovi. Ma più o meno tutti in affanno. Tranne noi».
Eppure la crisi delle istituzioni e il rigetto contro le chiacchiere senza fine né soluzione dei politici, qualche affanno avrebbero dovuto procurarlo anche a voi...
«Ma noi non trattiamo di politica pura. Da noi le chiacchiere a vuoto si scontrano coi fatti concreti. I politici sanno che non da noi non si fanno sconti: che alle domande si risponde. Ormai il re è nudo. E il politico pure».
Conterà anche il fatto che di lei, a differenza di molti colleghi, non si conosce l'orientamento politico?
«Nessuno sa come la penso. Neppure il direttore generale della Rai. Non basta: nessuno mi sponsorizza; non sono "figlio di" nessuno, io. Se ne accorse anche Berlusconi, quando vide che con me non poteva avere vita tanto facile. E alla fine volle stringermi la mano. "Lei ha fatto la sua battaglia - mi disse - io la mia"».
Giletti: che si sta mettendo in testa? Non è che finirà anche lei, come molti suoi colleghi, per buttarsi in politica?
«Me l'hanno chiesto, infatti. Ma ho sempre declinato l'invito. E poi il treno l'ho già perso: prima di proporlo a Marrazzo, Mi manda Raitre l'offrirono a me. Se avessi accettato, chissà, sarei diventato Presidente di Regione... Il fatto è che in tv posso incidere in qualcosa. In Parlamento sarei solo uno dei tanti».
La puntata più seguita di sempre, in dieci anni di vita?
«L'intervista a Berlusconi, dicembre 2012. Indubbiamente l'evento tv dell'anno».
Il momento più prestigioso e la polemica che sarebbe stato meglio evitare.
«Fra quelle recenti, l'intervista al presidente del consiglio Letta. Feci male, invece, a contrapporre Pippo Baudo a Margherita Hack: lui aveva escluso da Sanremo la canzone di un pupillo di lei, e lui reagì con troppa stizza alle rimostranze di lei».
L'ospite più irrequieto e quello troppo placido.
«Vittorio Sgarbi è una presenza stimolante ideale. Ma si fa dominare troppo da se stesso. Stefania Sandrelli l'adoro, ma - per paradosso - non è facile intervistarla, perché talvolta si dimostra troppo accomodante».
Il «caso» sollevato che l'ha reso più orgoglioso.
«La telefonata in diretta di Adriano Celentano, quando s'indignò perché un medico che aveva usato violenza ad una ragazza non era stato sospeso dalla sua attività. Sollevammo il caso. E il caso venne risolto».
E nella prossima puntata?
«Un ospite atteso. Angelino Alfano».
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