Un doppio anniversario (settantacinque anni dall'uscita del suo libro Pippi Calzelunghe e cinquanta dalla serie televisiva, da quello ispirata) ci aiuta a ricordare come per decenni in Italia si sia parlato della scrittrice svedese Astrid Lindgren (1907-2002) come dell'inventrice di una letteratura per l'infanzia che ha la propria ragione d'essere nella critica al modello tradizionale di famiglia: l'anti-convenzionalità e l'insubordinazione di Pippi sarebbero, secondo le lettrici emancipate, i tratti con i quali la Lindgren voleva lucidamente proporre modi di essere diversi da quello tradizionalmente imposto e codificato.
Si vuol forse intendere che la scrittrice volesse mettere in discussione quella prima, complessa realtà educativa e sociale che è la famiglia? O forse la si vuol abbinare a un modello che concepisce come indifferente la presenza o meno di un padre e di una madre accanto al proprio bambino? La Lindgren non ha nulla che fare con tutto questo. Proviamo a ricordare alcuni tratti della sua biografia, insieme ad alcune sue dichiarazioni poco note in Italia.
Dopo la nascita della sua Karin, nel 1937, la scrittrice svedese decise di trascorrere alcuni anni da casalinga, proprio per essere accanto a sua figlia. Così commentava lei stessa alcuni decenni dopo quella scelta: «Una donna ha il diritto di avere un proprio lavoro, di essere autonoma e di guadagnare denaro, ma se ha figli dovrebbe amarli al punto di decidere di passare con loro almeno i primi anni della loro vita. Non dovrebbe pensare: che peccato, essere così legata ai propri figli!». La stessa idea del personaggio Pippi le venne nel 1941, assistendo la figlia, costretta a letto da una malattia.
In Germania, dove ancor oggi è una della scrittrici più lette (a lei sono dedicate almeno un centinaio di scuole), il successo è stato enorme, fin dall'uscita del primo libro dedicato a Pippi, pubblicato nella Repubblica Federale nel lontano 1949.
Un successo che pure, in varie epoche, ha pagato pesanti dazi. Cominciarono i sessantottini, quando nel contesto delle spietate critiche alla fiaba (un genere troppo lontano dalla realtà, si diceva) qualcuno arrivò ad accusare la svedese di trasformare il «bisogno di protesta proprio dei bambini in fantasticherie favolistiche, ingabbiandolo nelle pagine dei suoi libri». In tempi di cupa difesa dell'ideologia realista un mondo come quello di Bullerby non poteva essere tollerato.
Ancor più violenti furono gli attacchi subiti dalla Lindgren nel 1978, quando si decise di assegnarle il prestigioso Premio dei Librai Tedeschi per la Pace. In una Germania scossa dagli omicidi compiuti dai terroristi della RAF (le brigate rosse tedesche) poteva essere tollerata solo una letteratura per l'infanzia che fosse intrisa di forte critica sociale.
Per questo motivo i media dominanti arrivarono a chiedere che almeno non le fosse concesso di tenere il discorso di ringraziamento, com'era ed è tuttora secondo protocollo, nella Paulskirche di Francoforte. Qualcuno tenne duro e la svedese poté così pronunciare la sua orazione, che intitolò significativamente «Mai con la violenza». «Da dove partire?» si chiedeva allora la Lindgren. E quale poteva essere la sua risposta se non: dai bambini.
Eppure non c'era nulla di ingenuo in quel suo porre al centro i piccoli. La sua infatti, alla faccia delle letture anarchiche che si sono volute applicare alla sua opera, era anzitutto una preoccupazione educativa: «Un bambino che riceva amore dai propri genitori», così un passo dal suo discorso del 1978, «e che a sua volta impari ad amarli ne guadagna un rapporto amorevole rispetto al suo ambiente e quest'atteggiamento non potrà non accompagnarlo per l'intera sua esistenza». Nessun cedimento dunque, nessuna delega a terzi (Stato, Partito o altro): La famiglia era per lei il luogo del «calore umano», della «sapienza», della «disciplina». Parte integrante della vita familiare erano per lei anche le regole da rispettare: «Un'educazione libera, non autoritaria», proseguiva la Lindgren nel suo intervento, «non significa che si debbano abbandonare i figli, che si debba concedere loro di fare ciò che vogliono. Non significa che debbano crescere senza norme, anche perché sono essi stessi a chiederle».
Non è un caso dunque che per anni, in
Italia, le sue opere siano risultate pressoché introvabili. Ora sono ripubblicate per i tipi dell'editore Salani, che per i settantacinque anni ha pubblicato Pippi Calzelunghe in edizione integrale e anche in audiolibro.
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