“Ho regalato ad una figlia il mio cognome e da allora è la cosa più importante”. Sono i versi di Non finisce qui, una delle ultime interpretazioni di Little Tony, nome d'arte di Antonio Ciacci, definito l’Elvis Presley italiano. Una eredità artistica che Cristiana Ciacci, 48 anni, ha saputo raccogliere e portare avanti nel nome di un grande della musica italiana. Oggi con la Little Tony Family, insieme ad Angelo Petruccetti (collaboratore storico di Tony), è pronta a far vivere un'estate travolgente con Bom Bom, il nuovo singolo (scritto e composto da Davide De Marinis e dallo stesso Angelo Petruccetti, etichetta Starpoint-Caramella Blues) che ha il sapore del rock anni Cinquanta e Sessanta. Tutto, a pochi giorni dall'anniversario di morte di Little Tony, il 27 maggio.
Qual è l'obiettivo di questo singolo?
“Il titolo in portoghese significa “bene, bene" e il nostro obiettivo, dopo due anni di pandemia, la guerra in Ucraina, le notizie terribili che arrivano dai telegiornali, è quello di generare allegria - anche con l'inglese maccheronico -, qualcosa che faccia stare bene. Vogliamo far ballare la gente sulla spiaggia, farla cantare sotto la doccia e urlare a squarciagola dal finestrino della macchina: perché mai come oggi abbiamo bisogno di sperare che il Bene prenda il sopravvento, lasciando posto alla voglia di vita e spensieratezza”.
Ci racconta del video che accompagna Bom Bom?
“Il video divertente e incalzante, realizzato con la grafica di Federica Pallagrosi per la regia di Stefano Cesaroni, vede i Magnifici 3, ovvero io, Davide e Angelo, in un fumetto. Sono avventure e disavventure su una meravigliosa Cadillac, tra lo spazio e un “fantomatico” salone di bellezza, dove si mescolano ironia e fantasia, per portarci tutti in orbita shakerando - nel brano ripetiamo shaker - libertà”.
Andrà in tournée?
“Abbiamo diverse date in definizione, che man mano saranno inserite sulla mia pagina instagram cristianaciacciofficial”.
Cosa rappresenta la stagione più calda per lei?
“La stagione più bella, nonostante io sia nata in febbraio. Datemi quaranta gradi e io sto benissimo, patisco molto il freddo e l'inverno. Poi per me l'estate è sempre stato il periodo di massimo lavoro per papà con i suoi concerti, ai quali ho iniziato a partecipare attivamente da quando avevo 13 anni. Si partiva dal 1 maggio e fino ai primi di ottobre era una avventura bellissima, un continuo spostarsi in giro per l'Italia e ovunque andassimo si ripeteva la stessa magia. Mio padre era capace di inchiodare migliaia di persone sotto al palco e trascinarle in un turbinio di energia e balli e applausi. Per me l'estate è sinonimo di lavoro, ma uno dei più bei lavori che ci siano al mondo”.
Qual è il ricordo più caro di suo padre?
“Ne ho vari nel cuore, ma mi ha lasciato dentro il suo modo di dimostrarmi il suo enorme bene nei pochi momenti che c'era, perché spesso era via. Quando tornava portava delle vagonate di regali e ogni volta che entrava dentro casa diceva: "dov'è la mia piccola Criss" anche se ormai era una donna e plurimamma. Io sono sempre stata la sua bambina e ogni volta che ripeteva il mio nome, gli si illuminavano gli occhi”.
Nel suo libro Mio padre Little Tony (Bertoni) racconta i sogni infranti di una bambina desiderosa di affetto. Se solo per un giorno potesse tornare indietro e rincontrare suo padre, che cosa gli rimprovererebbe?
“Nel libro parlo della mia storia, figlia unica di due genitori molto impegnati. Mia madre era hostess di volo di lungo raggio della compagnia Alitalia, quando al tempo stavano a casa tre o quattro volte al mese. La mia vita è stata meravigliosa per tanti aspetti ma anche una vita di solitudine, di sofferenze, carezze d'affetto, senso di abbandono. Io non gli ho fatto sconti quando era in vita e tutto quello che avevo da dirgli gliel'ho già detto, di certo gli ribadirei che se una coppia decide di mettere al mondo un figlio, poi deve esserci, fare il genitore e non delegare a tate o nonni. E poi soprattutto gli rimprovererei ancora di non aver capito la mia anoressia. Per lui una malattia che affonda le sue radici prima nella psiche e poi nel fisico era qualcosa di indecifrabile. Mi diceva sempre "sei tu che non vuoi mangiare, apri la bocca e mangia". Ho cercato di darmi varie spiegazioni sul perché, poi ho capito che era una cosa culturale, nel senso buono di ignoranza. Quando lui si è formato, l'anoressia non era conosciuta”.
Invece che nonno è stato?
“Al tempo avevo tre bambini, ora ne ho cinque. Era un nonno rock come lui stesso si definiva. Un nonno estremamente apprensivo e preoccupato per quella che era la vita e per gli sbagli che avrebbero potuto commettere i nipoti. Diceva sempre: "io che ho vissuto una vita intensa, ho girato il mondo dieci volte, vorrei poter trasmettere tutta la mia esperienza per evitare che loro possano fare errori". Per il resto gli piaceva trascorrere del tempo con loro, anche se con i piccolini era poco avvezzo, aveva timore a prenderli in braccio. Cominciava a instaurarci un rapporto dai tre anni”.
Un altro verso di Non finisce qui dice: Non finisce qui su questo palco dov'è stato emozionante senza un perché... scambiare musica col cuore e con la mente. Quanto questa canzone è autobiografica?
“Molto autobiografica. È stata scritta da Danilo Amerio dopo l'esperienza di mio padre colpito da infarto mentre si esibiva su un palco in Canada, nel 2006. In ospedale pensava che la sua vita non poteva finire così e quando ritornò in Italia, per fortuna stava meglio, raccontò tutto a Danilo che ne fece un testo bellissimo. Una canzone con la quale mio padre ha festeggiato i cinquant'anni di carriera a Sanremo, nel 2008. Si emozionava ogni volta per le parole e allo stesso tempo sentiva che quella sarebbe stata la sua ultima partecipazione. Io e Angelo Petruccetti abbiamo avuto l'onore di condividere quel palco con lui, perché gli facevamo da coristi. Quel festival è stato bellissimo, non solo perché è stata l'unica volta in cui sono salita sul palco dell'Ariston, ma perché avevo portato con me i miei tre figli, di cui uno nato da poco”.
Le piacerebbe tornare a Sanremo?
“Ovviamente sì. Mio padre ha sempre detto che è un palco che mette un'ansia da prestazione. Mi ricordo l'ultima volta: Pippo Baudo annunciò il nome dei partecipanti il giorno dell'Epifania e c'era mio padre tra i prescelti. Lui non se l'aspettava e cominciò a sudare, ad attaccarsi al telefono, a mobilitare tutti per provare, per la scelta dei costumi. Io sarei ansiosa come lui”.
Tra tutte le canzoni portate al successo da suo padre qual è la sua preferita?
“La canzone Cavalli Bianchi cantata a Sanremo nel 1974, l'anno della mia nascita. Invece Riderà era la preferita di mio padre”.
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