UNA SPINTA PER RIPARTIRE

Queste elezioni amministrative non sono né una rivincita né lo spareggio finale. Possono essere, e devono essere, un punto di ripartenza del centrodestra. La Casa delle Libertà, oggi, non è al governo nazionale ma ha la metà del Paese con sé. Ma quello che conta ancora di più è che questa metà dell’Italia non è il risultato di un’addizione (quella di tante anime inconciliabili dalla quale risulta il centrosinistra), essa è – piuttosto – il risultato di una moltiplicazione, quella di tutti gli elettori per un unico programma. La differenza è forte, profonda e decisiva.
Le considerazioni sul programma del centrodestra valgono per il Paese come valgono per le province e per i comuni nei quali si è votato ieri e si vota oggi, non c’è distinzione. Certo, le cose da fare sono diverse, ma lo spirito con il quale farle, il sentimento politico è lo stesso: mettere al primo posto ciò di cui hanno bisogno il Paese, i comuni e le province al posto di ciò di cui hanno bisogno le ammucchiate di centrosinistra per stare in piedi. Non è mica un caso che la coalizione di centrosinistra si possa chiamare solo così e che quella di centrodestra abbia un nome che accomuna tutte le sue componenti: Casa delle Libertà. I nomi si possono dare quando c’è una qualche realtà che li sostiene. L’ammucchiata politica non può trasformarsi in un nome unico. È un’ammucchiata e basta.
I primi atti del Governo Prodi confermano in pieno queste idee. Il Professore ha tentato di mettere la sordina a un po’ di ministri e sottosegretari solo perché - più o meno candidamente – hanno detto una cosa fondamentale (con tanti vestiti diversi): che non sono d’accordo gli uni con gli altri e che, comunque, a farla da leone è la sinistra più estrema. Questo era chiaro prima che andassero al governo ed è chiarissimo ora che ci sono.
Ecco, l’Italia non ha bisogno di governi, di qualsiasi livello essi siano, che siano dominati o, nella migliore delle ipotesi, influenzati da questa componente politica. Non serve, non risolve i problemi, ne crea molti e seri. Li crea nel governo dell’economia, dello Stato sociale, del mercato del lavoro, nel governo della difesa e della sicurezza. Hanno in testa idee sbagliate che non corrispondono a quelle della stragrande maggioranza degli italiani, ivi compresa anche una parte non indifferente di quelli che hanno votato il centrosinistra e che lo hanno fatto solo in forza dell’antiberlusconismo militante.
La coalizione guidata da Silvio Berlusconi non ha infiniti punti di forza sui quali fondare una ripresa. Ha una prospettiva nazionale di opposizione e di cammino verso un soggetto politico nuovo e ancora più unitario, fino al partito unico. Ha una possibilità immediata che è data dai governi locali per i quali si sta votando.
Essi rappresentano la base locale cui può legarsi l’opposizione nazionale e dare vita ad un movimento verso la riconquista del governo nazionale. Il governo attuale non è un governo forte. Di forte ha solo la colla che lo tiene insieme. È gente che azzannato l’osso non lo molla. Ma l’osso non è il Paese, è il potere. Alcuni quotidiani, Repubblica in testa, hanno bacchettato gli industriali che non hanno applaudito Prodi a Roma, all’Assemblea di Confindustria: sarebbero gente arretrata che non capisce il valore del Professore. Il problema non è che non capiscono, semmai è quello che hanno capito bene da tempo.

Chi produce ricchezza di questo governo non si fida. Non lo sente dalla sua parte. E in molti hanno anche capito che senza incoraggiare questa parte del Paese c’è meno ricchezza per tutti. Anche nelle regioni, nelle province e nei comuni.

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