Gli abbracci stonati e perché chi gioca va perdonato

È stato curioso, imbarazzante e pure ridicolo, assistere negli stadi di serie A, vuoti per decreto, ai due atti recitati dai calciatori, prima e durante le partite

Gli abbracci stonati e perché chi gioca va perdonato

È stato curioso, imbarazzante e pure ridicolo, assistere negli stadi di serie A, vuoti per decreto, ai due atti recitati dai calciatori, prima e durante le partite. Ultima vigilia con saluti prudenziali, a distanza, un cenno, una smorfia del viso, nessuna stretta di mano, né con gli avversari, né con l'arbitro, nemmeno una pacca sulle spalle, scambio veloce dei gagliardetti, sorrisi. Poi è incominciato il secondo atto: gioco, partita, contatti vigorosi, espettorazioni di vario tipo e, al momento del gol, liberi tutti, saltate le marcature tattiche, sono saltati anche il decreto e tutte le indicazioni sanitarie, dunque ammucchiate, baci, abbracci, tripudio di corpi ammassati uno sopra l'altro, un'orgia di gioia per significare la vittoria. È accaduto a Torino, dopo il gol di Dybala, era accaduto in precedenza a Milano, alla fine del successo del Genoa sul Milan con la scenetta comica dei calciatori liguri che si raccoglievano, abbracciati e a torso nudo, davanti alla curva vuota, teatro immaginario dei loro tifosi. È lo sport, è la festa dei vincitori contro la malinconia degli sconfitti, questi sì, separati, distanti uno dall'altro, come in un emblematico rompete le righe. Delle due l'una: o aboliamo i gol o sospendiamo le partite. Inutile stupirsi e rimproverare gli attori di questa sagra. Lo sport di squadra viene vissuto quotidianamente, con gli allenamenti e poi con la partita, come in una scuola, a contatto continuo, cameratesco. Non si può pensare che, una volta in campo, i calciatori o qualunque altro atleta, un rugbista, un cestista possano isolarsi rispetto al gruppo, frenare l'entusiasmo, comprimere qualunque gesto di gioia. Sarebbe allora più opportuno e logico sospendere il gioco, rinviare l'evento e non certamente esigere che gli attori fingano di giocare e di vivere la passione, in tutte le sue forme.

Già le porte chiuse sono una violenza allo spirito dello sport, alla partecipazione del popolo, del pubblico, un compromesso che non risolve il problema, ma, se dovessimo rendere i calciatori figurine di una recita già fasulla di suo, questo rappresenterebbe l'ultimo atto demagogico e ipocrita in un momento così drammatico per il Paese e non soltanto per lo sport.

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