Che meravigliosa narrazione offre il calcio italiano di questi tempi là dove è possibile assistere a una sorta di corto circuito tra critiche severe e censure che si ripetono con opposte spiegazioni in presenza di cambi clamorosi di scenari. Prendete Max Allegri e Stefano Pioli, uno appena sceso al terzo posto con la Juve, e l'altro salito col Milan al secondo, reduci da nuove ondate di stroncature provenienti dal web. Nella fattispecie la Juve è reduce da un periodo di sette partite molto complicate, in particolare le ultime due con Napoli e Atalanta, in cui il gioco nettamente migliorato non è stato premiato da risultati. Eppure gli stessi feroci «giudici» dello stile calcistico allegriano («sa solo difendere e vince con un misero golletto»), insoddisfatti della precedente striscia di 19 risultati utili consecutivi che lo portò a pedinare l'Inter a 2 punti di distanza, oggi recitano la litania opposta: «Eh no, non si può giocar bene e non fare punti...». A Stefano Pioli, mandato sotto processo per i 5 derby persi - e lo aspettano già al varco del prossimo appuntamento di metà aprile - e invitato a togliere il disturbo a causa del numero industriale di infortuni patito nel primo semestre della stagione, viene riservato identico trattamento. Adesso che la rosa è tornata al completo, che i risultati non sono così disastrosi - aspettando il ritorno in Europa league - tutta l'artiglieria milanista è concentrata sulla ricerca del suo sostituto affidando a una frase di Gerry Cardinale («terzo posto? Non sono soddisfatto») il compito di rendere inevitabile il divorzio.
A eccezione di Simone Inzaghi e la sua Inter in un senso virtuoso e del Napoli in senso vizioso, per tutti gli altri tecnici, Allegri e Pioli in particolare, forse è il caso di attendere la rispettiva marcia durante le prossime settimane prima di tirare una riga. Se Allegri dovesse per caso vincere la coppa Italia? Se Pioli, per caso, dovesse arrivare in fondo all'Europa league? Come cambierebbero i giudizi?
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