Non solo calcio. Come già accaduto per Iran-Stati Uniti e per Serbia-Svizzera (con sponda albanese-kosovara), anche Marocco-Spagna è una partita che storicamente si gioca su più tavoli, a cominciare da quello coi piedi d'argilla della diplomazia: una sfida che va oltre i 90 minuti (più recupero, supplementari ed eventuali rigori) del match mondiale di oggi pomeriggio valevole per l'accesso ai quarti.
Una gara dall'epilogo sportivo incerto, almeno quanto l'esito di relazioni geopolitiche che, tra alti e bassi, hanno registrato nei decenni clamorosi gol e autogol sullo scacchiere internazionale.
Ottavo di finale che l'intelligence iberica considera sul fronte dell'ordine pubblico «ad alto rischio», tanto che gli apparati di sicurezza spagnoli hanno approntato massicce «misure di prevenzione» nelle città considerate più «sensibili»: in primis a Barcellona, dove la convivenza tra i catalani e comunità marocchina è tutt'altro che pacifica, ma anche a Valencia, Almeria, Siviglia e Murcia.
Il nervo scoperto dell'immigrazione clandestina fa paura e il ministero dell'Interno del governo Sánchez: potenziati, per oggi, presidi di polizia e controlli nelle aree più «calde». Un dato fa capire bene il potenziale esplosivo di Marocco-Spagna: l'anno scorso su 50mila immigrati entrati in Spagna da clandestini, il 98% provenivano dal Marocco; le relazioni tra i due Paesi stanno attraversando tempi difficilissimi.
In Qatar la Spagna finora ha deluso, ma se l'è cavata più o meno «biscottosamente» zittendo le critiche grazie al passaggio del turno; il Marocco, pur senza entusiasmare, ha compiuto l'impresa mettendo ko il Belgio, mentre a mettere a ferro e fuoco Bruxelles hanno pensato i «festeggiamenti» degli ultrà marocchini a base di raid vandalici.
Un precedente che ha spinto il governo spagnolo ad adottare misure per evitare, in caso di vittoria (o sconfitta) della squadra del ct Regragui, che gli incidenti si ripetano.
La partita del «dentro o fuori» di oggi è quindi una miccia da rendere inoffensiva prima che venga accesa. Allora nulla di meglio di una fresca secchiata di gossip che ieri ha fatto dire al ct delle furie rosse, Luis Enrique: «Ma a voi giornalisti quanto vi piace cazzeggiare?».
Motivo? La presunta «simpatia» tra la giovane e bella principessa delle Asturie, Leonor Borbon y Ortiz e il divo della Roja, Pablo Martín Páez Gavira (in arte Gavi): lei, 17 anni, pare abbia il poster di lui nella cameretta reale; lui, ribattezzato a mo' di sfottò «El principito» ha di recente consegnato la sua maglia (taglia extra small) autografata direttamente nelle mani del re Felipe VI (unico sovrano europeo presente in Qatar).Considerato che re Felipe VI è alto 1,97 e ha le spalle di un corazziere - secondo voi - per chi era la maglietta autografata?
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