Non poteva esserci modo peggiore per iniziare il week-end di campionato. Pietro Anastasi, campione europeo 1968 e bandiera della Juventus con cui conquistò tre scudetti tra il 1972 e il 1975, è scomparso a 71 anni dopo una lunga malattia. "Ho un tumore, ma non voglio arrendermi", aveva confessato nel 2018 in una delle sue ultime interviste. Mostrando il solito, enorme coraggio.
Anastasi, nato a Catania nel 1948, è stato uno dei calciatori più amati di sempre. E non solo dai tifosi della Vecchia Signora. Era l'idolo di una generazione di ragazzi del Meridione, emigrati al Nord per rincorrere il sogno di un lavoro che a casa loro non c'era.
Anche lui, in un certo senso, aveva fatto lo stesso. Scoperto per caso dall'allora presidente del Varese, Giovanni Borghi, Anastasi lasciò la sua amata Sicilia per la fredda ma ricca Lombardia, dove a 20 anni si impose nel grande calcio rifilando una tripletta alla squadra della sua vita, la Juventus. Tre gol, uno di fila all'altro, che fecero innamorare di lui un certo Gianni Agnelli, l'Avvocato che fece al Varese la classica offerta che non si può rifiutare per portarlo a Torino. Qui Anastasi, segnando a raffica, conquistò l'affetto e la stima del pubblico bianconero e di tutti gli appassionati. Nonostante il soprannome di "Pelé bianco", Pietruzzu non era un centravanti puro. "Ero un uomo d'area che sapeva manovrare", aveva detto una volta di sè dopo il ritiro, deciso ad appena 34 anni dopo avere conquistato tre scudetti con la Juve e una Coppa Italia con l'Inter. In mezzo, il Mondiale del 1974 saltato per infortunio.
Anastasi era un professionista nel senso più nobile della parola. Era un combattente nato, un gladiatore che sul campo dava sempre tutto a prescindere dalla maglia indossata. Ma il suo cuore, fin dalla più tenera infanzia, era rigorosamente a spicchi bianchi e neri. Pietruzzu, infatti, era tifosissimo bianconero. Nel portafoglio ha custodito, fino all'ultimo, una foto con un certo John Charles - il centravanti gallese che fece le fortune della Juventus insieme a Omar Sivori - scattata allo stadio Cibali. Anni Cinquanta. Anastasi era un bimbo, ma aveva già le idee chiare. "Il mio sogno era giocare per la Juventus".
Il sogno di tanti, che solo pochissimi riescono a realizzare. Anastasi ce l'ha fatta. E ha continuato a supportare i colori bianconeri per tutta la vita. Con discrezione, come era nel suo carattere. A volte, però, gli era difficile nascondere l'affetto che lo legava alla Vecchia ma sempre affascinante Signora. Come fece una calda sera del 1996. Era il 22 maggio e la Juve di Marcello Lippi era di scena all'Olimpico di Roma. Finale di Champions League contro l'Ajax. 1-1 al 90', stesso risultato all'extra-time. Si va ai rigori. Lotteria dove Jugovic pesca il biglietto vincente, siglando il penalty decisivo. E portando la Juve sul tetto d'Europa.
Nello stesso preciso momento, Pietruzzu è ospite di Telelombardia, una delle tv dove ha lavorato come opinionista dopo avere appeso le scarpette al chiodo. Sempre pacato e riflessivo, quella volta Anastasi smette i panni del commentatore equilibrato per indossare il vestito della festa. Del tifoso. Sciarpa bianconera al collo, nel momento più bello balza in piedi ed esulta come un ultrà.
Il video, condiviso su Twitter dal giornalista Gian Luca Rossi, sta facendo il giro del web. E rappresenta il modo più bello ed emozionante per ricordare il turco. Simbolo della Juve e di un calcio ormai estinto. Ma ben presente in tutti noi.Milano, 18.1.2020 sono affranto per la perdita di #PietroAnastasi. Tra le centinaia di trasmissioni insieme ricordo quella del 22 maggio 1996, quando da Roma gli feci vivere la sua Juve Campione d'Europa e lui in studio esplose!
— Gian Luca Rossi (@gianlucarossitv) January 18, 2020
R.I.P. Pietruzzo pic.twitter.com/BO2DhqMXZQ
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