Nove anni, al netto di titoli revocati e assegnati ad altri. Tanto ha dovuto aspettare la Juventus per tornare a cucirsi lo scudetto sul petto. Allora bastò un pareggio casalingo con il Perugia, stavolta a Trieste c’è voluta una vittoria.Come quella che l’anno prima, a 72 chilometri di distanza (si giocava a Udine), fu firmata da Trezeguet e Del Piero. Per il club sono 30, per l’albo d’oro - riveduto e corretto dopo le sentenze sportive del 2006- èsoloil28˚ e, nesiamocerti, l’imbarazzo della Federcalcio sul «balletto» di cifre resterà ancora a lungo.
Alla vigilia Allegri, tecnico del Milan, era stato buon profeta. «Questa sarà la notte scudetto», la sua frase prima di abdicare con onore dal trono del campionato. Eppure c’è mancato poco che servisse un supplemento di adrenalina per altri 90 minuti, merito dell’ex Ibrahimovic ( per la prima volta dopo anni senza un titolo nazionale in bacheca) mai domo e di un Cagliari combattivo, deciso a non svolgere il ruolo di sparring partner. Nella tappa di Trieste non era più il tempo delle parole e degli elogi di un gruppo imbattuto per otto mesi. Era la notte della verità, niente braccino sul match point che andava sfruttato e basta. Così la rete di Vucinic in presunto fuorigioco e il clamoroso autogol di Canini fanno calare il sipario sul torneo spazzando finalmente le nebbie di Calciopoli. E allungano a 41 l’incredibile serie di risultati utili stagionali,in attesa della passerellaallo Juventus Stadium con l’Atalanta.
Ci credevano in tanti, anche se alla fine lo stadio Rocco ha presentato molti spazi vuoti. Colpa della politica di prezzi folli imposta dal patron del Cagliari Cellino, emigrato al Nord-Est. Centinaia di tifosi, provenienti da ogni parte d’Italia e dalle vicine Slovenia e Croazia,si erano accalcati davanti all’hotel Savoia, sulle Rive di Trieste, in attesa di vedere i giocatori della Juve. Un assembramento pacifico che aveva reso necessaria la presenza di alcuni agenti di polizia, che vigilavano su eventuali «invasioni».
In molti poi si sono trasferiti allo stadio, sulle tribune molte magliette e sciarpe bianconere tanto che i ventimila sulle tribune (che in realtà ne conterrebbero almeno 29.000) sono quasi tutti di fede juventina. Spuntano due striscioni per Buffon, applaudito al suo ingresso per il riscaldamento. Che il portiere dedica molto all’allenamento con i piedi, non vuole più ripetere lo svarione contro il Lecce che poteva riaprire il campionato. C’è grande concentrazione negli occhi di tutti i bianconeri, da chi come SuperGigi o Pirlo sono abituati a titoli e coppe a coloro che sono «neofiti» come Marchisio, Pepe o Vucinic che lo scudetto lo ha solo «sfiorato» a Roma. Proprio lui dopo cinque giri di lancette toglie il magone. Ma il suo ottavo centro in campionato, infilato sotto le gambe di Agazzi, è in realtà viziato da una posizione irregolare sul lancio di Bonucci che fa infuriare il tecnico del Cagliari Ficcadenti («era fuorigioco di un metro », ripeterà a lungo al quarto uomo Celi). Intanto lo stesso Bonucci corre ad abbracciare Buffon, un modo ulteriore per fargli dimenticare il pasticcio di quattro giorni prima.
Sotto la pioggia annunciata dal meteo, va in scena un copione che sembra già scritto, visto che il Cagliari fatica ad allestire una reazione. Conte resta impassibile quando i boati dello stadio annunciano i gol interisti, ma anche nel momento incui Ibra sigla il temporaneo sorpasso milanista. Non è una serata fortunata per Lichtsteiner che si becca un calcione da Nainggolan (ammonito e poi graziato del rosso per un altro intervento duro su Vidal) e successivamente chiude in anticipo la sua partita per un terribile scontro con la testa di Pinilla.
Pepe è scatenato sulla sinistra e cerca con insistenza spazi per le conclusioni (una verrà ribattuta da Agazzi) ma la Juve arriva facilmente nell’area piccola dei sardi. Il Cagliari si vede solo su un bel tiro di Pinilla che dà l’effetto del gol.
Marotta e Nedved devono seguire la ripresa dagli spogliatoi dopo essere stati aggrediti verbalmente da alcuni tifosi. E nel secondo round, si assiste a una partita sì intensa ma non certo spettacolare: molti errori, gioco spezzettato e tanto nervosismo, segno che la posta in palio è alta. Ficcadenti inserisce Cossu da incollare a Pirlo che continua a «cucire» le azioni bianconere e Larrivey, più punta rispetto a Ibarbo, Conte sostituisce lo stanco (e ammonito) Vidal con Giaccherini.
L’1-0 non lascia tranquilli, l’incubo vissuto con il Lecce è in agguato. L’ex Matri non sembra in grandissima serata, così il tecnico bianconero gli preferisce Borriello a metà ripresa. Vucinic testa i riflessi di Agazzi mirando l’angolino,poi Canini fa harakiri spedendo la palla alle spalle del suo portiere. Milito e Maicon chiudono la pratica, Conte può esplodere così come il pubblico di Trieste. Sei anni fa era in B, ora è sul tetto dell’Italia. La festa in panchina e sugli spalti inizia già prima del 90’: la Juve è campione, la scorsa estate non l’avrebbe detto nessuno. Ed è una Vittoria di Conte, la seconda importante dopo sua figlia.
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