Difficile trovare qualcuno che creda nel miracolo dalle parti di Anfield. Neppure l'epica rimonta di Istanbul ai danni del Milan sembra bastare a sollevare l'umore generale, rassegnato all'inevitabile logica del calcio. Nonostante gli sforzi di Jurgen Klopp, che ieri ha cercato in ogni modo di caricare l'ambiente. Almeno per dare un senso sportivo a questo ritorno, che vedrà il Liverpool per di più orfano di Mohamed Salah e Firmino. «Due dei migliori attaccanti al mondo», come ha ricordato lo stesso Klopp, allontanando anche l'impresa compiuta dalla Roma 12 mesi fa, quando riuscì a ribaltare la pesante sconfitta del Nou Camp (4-1) con una partita leggendaria all'Olimpico. «La differenza è che la Roma era riuscita a fare almeno un gol all'andata, noi no. Dovremo fare una partita perfetta, ma siamo lontanissimi dallo scendere in campo arrendevoli». In una vigilia simile il tecnico tedesco sa che è del tutto inutile indugiare su questioni tattiche, o come fermare Lionel Messi. Meglio sfiorare le corde del sentimento, del senso d'appartenenza, della mistica che sa trasmettere Anfield. «Sarà una bolgia ancor prima del fischio d'inizio della partita. Noi dobbiamo nutrirci della speranza della nostra gente. Perché questo è il calcio, tutto può succedere».
Un proclama che suona come forzato esercizio di retorica. Da parte di un allenatore che rischia nel giro di una settimana di veder dissolversi due sogni inseguiti per mesi: stasera la Champions League, settimana prossima la Premier League, destinata al Manchester City. «Nella vita so che qualsiasi sfida, anche la più grande, bisogna affrontarla gradualmente.
Facciamo in modo che questa sera sia una festa del calcio. Anche se non beviamo durante la partita, di certo non alcol». Per onorare il palcoscenico più prestigioso, al cospetto di un avversario più forte. È questo il massimo che può chiedere Klopp ai suoi.
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