Ieri a Londra era il giorno del cambio della guardia. Nel primo Middle Sunday ufficiale della sua storia, Wimbledon infatti festeggiava il centenario del Campo Centrale e c'erano in parata tanti di quei campioni che su quell'erba hanno vinto almeno una volta. Quando è entrato Roger Federer in giacca, cravatta e sneaker, la gente ha alzato i decibel: «Confesso: non sapevo se avrei fatto bene a venire ma adesso son contento di essere qui. Vorrei tornare un'ultima volta». Lo ha detto con l'aria incerta, e il tennis intanto guardava già avanti.
Due ore dopo, infatti, ci sarebbe stato il match dei futuri numeri uno, e per fortuna nostra uno di questi è italiano. Che ha vinto, anzi di più. Perché Jannik Sinner infatti non ha semplicemente vinto: ha asfaltato Carlos Alcaraz i primi due set, ha perso il terzo dopo una lotta all'ultimo punto, ha rimbalzato quello che considerano più Predestinato di lui. Scivolando leggero in quel tempio che sa consacrare solo i fenomeni e che è pronto ad accoglierne uno nuovo. «Se hai paura di perdere, non oserai vincere» rispose una volta Bjorn Borg, presente ieri nella sfilata dei miti, sul perché dei suoi 5 glaciali trionfi in serie a Church Road. E probabilmente è questa la differenza che si è vista ieri in un match che non era così giovane dal 1985: allora Becker sconfisse Leconte, ed era l'inizio di una nuova generazione di fenomeni.
Sinner-Alcaraz era cominciato di buon mattino, in allenamento all'Aorangi Park, con i due a tirarsi servizi tra quattro risate. Le stesse che hanno accolto sulla strada del Centrale i consigli del maestro di cerimonie, impegnato a non far perdere la via a due che non c'erano mai stati prima. Eppure Jannik all'inizio sembrava un veterano, un po' sfavorito ma spinto dal vento di una sicurezza conquistata nei giorni. È stata insomma una partita intensa, bellissima, un tennis giocato da due ventenni ancora acerbi nelle emozioni, ma con un bagaglio di talento infinito che li metterà dove meritano nella storia di questo gioco. Jannik ha vinto perché, come ha detto Mats Wilander, «in questi casi conta l'aspetto psicologico». E ha pure mostrato una varietà di colpi che nessuno gli avrebbe pronosticato, dimostrando che campioni si diventa con la testa. Così è finita 6-1, 6-4, 6-7, 6-3 al sesto match point, quando forse Sinner non ne aveva quasi più: lo 0-40 all'inizio del terzo set con Alcaraz alla battuta e le due palle match sfumate nel tie-break sembravano il turning point del destino. Invece no, succede a chi sa osare: «Oggi è una giornata speciale, vincere così nella festa dei cento anni del campo centrale è bellissimo. È stata dura essere a un punto dal successo e dover ricominciare, ma fa parte del gioco. All'inizio del quarto sono andato in difficoltà e sono contento di come ho saputo reagire: prima del torneo non me lo sarei mai aspettato, l'erba non era la mia superficie preferita.
Però, diciamo, mi sono adattato...». Così ecco un'altra tappa di Jannik Sinner: i quarti di finale a Wimbledon così com'è già stato al Roland Garros. Allora perse da Nadal, qui dovrebbe trovare Djokovic. E chissà che il cambio della guardia...
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