Meglio tardi che mai per far pace con la Champions. Quel pugno rifilato a Militao pesava nella fedina calcistica. D'accordo, il ricordo torna a circa due anni fa (dicembre 2021), davanti il Real Madrid, grande stadio, palcoscenico da re. Ci voleva un colpo d'autore, un colpo di testa ancora una volta. Ma stavolta con il guizzo del campione, tutto quanto fa pallone e pedigrèe. Non fedina. Ed allora Nick Barella ha scelto l'ora giusta, illuminato da uno stadio che non a caso si chiama Da Luz, avversario, il Benfica, che per l'Inter ha sempre fatto storia.
C'era tutto per riassaporare la gioia del gol, ma soprattutto l'ebbrezza del sentirsi hombre del partido. Splendido il cross di Bastoni che gli diceva: prendimi. Ma pensate, invece, quanto si è divertito il destino: fra le maglie rosse spiccava il Joao Mario che a Lisbona si cullano, anzi si coccolano, perché i gol suoi piovono come ciliegie. E in campo, con la maglia gialla interista, c'erano invece quelli che lo hanno visto annaspare come un pulcino bagnato, ma ben pagato, a San Siro e dintorni. Allora Joao Mario arrivò al costo di un superman, solo Bobo Vieri era stato pagato di più. Joao Mario costò 45 milioni, ma Suning avrebbe pianto lacrime amare su quel danaro così infruttuoso. Poi arrivò Barella, ad un costo globale superiore: 50 milioni. Infine toccò a Lukaku che spinse ancora più in alto la linea dell'acquisto più pesante. Ieri c'erano tutti: il belga in panca eppoi in campo a chiudere la partita, Barella e Joao Mario subito di fronte. Suning penserà: stavolta soldi ben spesi. E Nick finalmente testa fredda in tutti i sensi. Ha giocato la partita da top winner calcistico, non a caso ieri sera era lui il campione d'Europa per nazioni in campo, guarda caso lo stesso titolo che Joao Mario conquistò nel 2016. E quando Bastoni ha provato il cross vincente, il portoghese era lì davanti a guardare la palla che partiva. Si, il pallone ha voluto divertirsi davvero. E Barella, dall'inizio alla fine, non ha smesso mai di assecondare la buona luna e la testolina finalmente lontana da bizzarrie.
Si è visto subito: applaudiva i compagni in ogni occasione, anziché scuoterla come nei momenti peggiori delle sue nevrosi da gioco, eppoi quello stacco: pareva il terzo tempo di un giocatore di basket. E Barella, che con il cesto ha vissuto un breve amore per amore della mamma, stavolta ha messo tutto: l'idea del cestista e la classe del playmaker. E Champions fa rima con campione.
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