Beckham saluta Hollywood Non farà più l'americano

David, un Fenomeno di normalità. Non sa calciare di sinistro, colpire di testa, segna poco eppure tutti lo vogliono

Beckham saluta Hollywood Non farà più l'americano

C'è qualcosa che accomuna David Beckham ad Alfred Hitchcock. Non certo lo spirito per il colpo di scena o la gran croce al merito del Regno di Sua Maestà, dico del luogo di nascita e quello di conclusione della carriera. Leytonstone è un sobborgo orientale di Londra, sir Alfred Joseph Hitchcok qui nacque e qui i turisti ritrovano fotografie, cimeli, fotogrammi del regista che andò a vivere la parte ultima della sua esistenza gloriosa a Los Angeles, teatro ideale per lui nel sito di Bel Air. A Leytonstone è nato sir David Robert Joseph Beckham che ieri ha salutato Hollywood, i Los Angeles Galaxy, alzando al cielo la coppa d'argento simbolo della vittoria, la seconda consecutiva, della Major League Soccer, il campionato a diciannove squadre che rende felici gli americani non monomaniaci di baseball, football e hockey su ghiaccio. È finito il gran film dei Beckham costato 30 milioni di dollari ai Galaxy e che ha portato un mucchio di quattrini alla famiglia dell'inglese, 190 milioni di dollari il patrimonio stimato da Forbes, e una fetta enorme di pubblicità al soccer statunitense. Beckham si ferma ma non si ritira. A trentasette anni conserva ancora un fisico integro, curato nell'aspetto da metrosexual, voglioso di nuove esperienze, in Cina, in Europa, laddove ci sia ancora desiderio di vedere un ragazzo elegante che sa crossare il pallone come nessun altro al mondo. Così diceva di lui il ribelle di Belfast, George Best: «Non sa calciare con il piede sinistro, non sa colpire di testa, non contrasta, non segna molto. A parte questo è ok». Perfido ma detto da un nordirlandese che contava più donne e bottiglie di champagne di qualunque emiro. David Beckham, pur non avendo le doti descritte da Best, ha giocato oltre cento partite con la nazionale inglese, ha vestito e vinto con la divisa del Manchester United e del Real Madrid, si è divertito e ha divertito con la maglia del Milan, capriccio personale del presidente Berlusconi, ha fatto sognare la gente di California. Ha raccolto 6 campionati, 2 F.A cup, 2 Charity shield, una Coppa dei campioni, una Intercontinentale con il club inglese, 1 Liga e una Supercoppa di Spagna con le merengues di Perez e due titoli americani. Non è mai stato al centro di volgari polemiche e ha, anzi, accettato e tollerato attacchi, critiche, insinuazioni, specialmente nel suo ultimo periodo al Manchester United con sir Alex Ferguson che arrivò a lanciargli una scarpa da football sul viso, dopo una sconfitta con l'Arsenal, procurandogli una ferita suturata con due punti.
David Beckham è stato "sir" per l'industria pubblicitaria, una icona inseguita da tutte le case di cosmetica, di abbigliamento, multinazionali di elettronica e di bevande gassate. Ha cambiato look mai cambiando moglie, resistendo agli attacchi e al marcamento a uomo di milioni di donne «sognando Beckham». Victoria Adams è la sua ombra, abbandonando la professione di cantante con le Spice Girls, gli ha regalato quattro figli, due inglesi, uno spagnolo e l'ultima, già baby fashion a un anno, americana. La coppia è diventata un'azienda e quasi un'immagine simbolo internazionale per qualsiasi evento, il giubileo della regina Elisabetta, il matrimonio di William e Kate, la consegna degli Oscar, in smoking sul motoscafo come tedoforo ai Giochi Olimpici di Londra, David non ha mai esibito la sua vita privata ma a questa è legato fortissimamente. Il suo stile è in contrasto con il timbro flebile della voce, Ferguson venne intercettato quando lo definì «flash», un vezzoso esibizionista.

Tra i due, dopo quell'episodio nello spogliatoio dell'Old Trafford, la stima è cambiata ma Beckham resta per Manchester, per l'Inghilterra, per Madrid, per Milano e per Los Angeles un pezzo di storia bella, positiva, il senso del calciatore che tutti vorremmo, ricco sì, sfarzoso anche ma senza volgarità, esasperazioni, isterie. Hollywood saluta un attore che ha ancora voglia di recitare. E ripenso ad Alfred Hitchock.

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