Al Bentegodi l'omaggio (tardivo) a Giuliani, il portiere che parò tutto, eccetto i pregiudizi...

Alla figlia Gessica la maglia commemorativa dei due club

Al Bentegodi l'omaggio (tardivo) a Giuliani, il portiere che parò tutto, eccetto i pregiudizi...
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Unico rammarico: l'assenza, per «ragioni di ordine pubblico», dei tifosi partenopei allo stadio Bentegodi, strascico desolante di vecchie «intemperanze tra ultras di opposte fazioni». Ieri però, eccezionalmente, solo applausi. Il «miracolo» - da lassù - lo ha fatto un grande portiere del Verona e del Napoli: Giuliano Giuliani; nome e cognome quasi gemelli, come a sottolineare un'identità comune tra il cuore e l'anima.

Ieri prima della partita la figlia di Giuliani, Gessica, ha ricevuto due maglie commemorative dedicate al padre. Verona e Napoli, dopo troppi anni di colpevole oblio, hanno capito di avere un debito di riconoscenza verso quel loro portiere vittima di una malattia che negli anni '90 era un tabù: Aids, quattro lettere impronunciabili nell'orbita della società «civile» di allora, figuriamoci nel mondo di un calcio tradizionalmente incatenato ai lucchetti dei pregiudizi. Un ambiente spesso senza cultura e sensibilità umana cui parve «normale» dimenticare volontariamente Giuliani, nel timore di chissà quale «contagio».

Fu così che ai suoi funerali, il 15 novembre '96, non andò nessuno: meglio tenersi alla larga da un calciatore consumato dal virus dei «vizi proibiti»; perché chi ne era vittima - almeno secondo lo stigma infame dei «benpensanti» - era necessariamente un «drograto» o un «omosessuale» che, in quanto tali, «se l'erano andata a cercare...». E poco importa se Giuliani fosse invece uomo, atleta e padre esemplare, reo di essere caduto in errore solo durante un party «estremo» organizzato in Argentina per le nozze di Maradona. Eppure tanto è bastò per fare terra bruciata attorno a Giuliano che fu impietosamente abbandonato da tutti, compresi quelli che lo esaltavano fino a quando nell'«ambiente» si seppe del suo «problema». Più la malattia progrediva, più Giuliano era emarginato: niente più telefonate, qualcuno evitava addirittura di salutarlo. Solo di recente la sua storia è stata rivista con le lenti della verità che hanno faticato non poco per sostituirsi a quelle della maldicenza. Merito anche del libro del giornalista Paolo Tomaselli, «Giuliano Giuliani, più solo di un portiere» e al documentario Sky «L'uomo della domenica» di Giorgio Porrà.

La cerimonia di ieri, a distanza di 28 anni dall'addio silenzioso e sofferto di Giuliano, non può certo spazzare via un trentennio di bugie e oblio. Ma il sorriso di Gessica Giuliani, ieri al Bentegodi, era lì a dimostrare che non è mai troppo tardi per accettare le scuse. Perdonando tutti. Perfino chi non lo merita.

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