Il Brasile ora non balla più. Scherzo croato nel deserto

O Ney illude ai supplementari, Petkovic lo gela. Show e record di Livakovic: ora sono 4 rigori parati. Tite lascia

Il Brasile ora non balla più. Scherzo croato nel deserto

Il Brasile non balla più. Piange adesso disperato perché il suo mondiale 2022 è già finito, scivolato dalle mani come una saponetta a pochi rintocchi dal gong del secondo supplementare e infine compromesso definitivamente dal dischetto. La Croazia, clamoroso a Doha, è diventata la prima semi-finalista con un recupero che ha del miracoloso, quasi del divino per le modalità e i tempi della sua realizzazione. La nazionale dei nostri Brozovic e Perisic, del gigante Modric ha riacciuffato infatti l' 1 a 1 utile a guadagnare l'epilogo ai rigori grazie all'unico tiro in porta, firmato questa volta da Petkovic appena lanciato nella mischia a tre minuti dal 120esimo. Lungo il tragitto galeotto della girata al volo dell'attaccante della Dinamo di Zagabria, un colosso di 193 centimetri, 28 anni, c'è stata anche la deviazione beffarda di Marquinos, uno dei protagonisti in negativo della grande sconfitta. Sul palo infatti è finito il suo rigore che ha decretato il trionfo degli scacchi e la disperazione della marea gialla.

Diciamolo con brutale franchezza: il calcio sa essere anche crudele. E l'eliminazione del Brasile di ieri (il ct Tite ha confermato che lascerà) ne è una plastica conferma. Neymar, il più atteso talento del calcio brasiliano, l'erede conclamato del leggendario Pelé, è riuscito solo in fondo al primo supplementare a forzare quel blocco granitico e a segnare, proprio come O Rei, il 77° gol in verdeoro. La Croazia è stata abilissima a tessere la tela del ragno. Per 106 minuti è riuscita a intrappolare il Brasile. Senza artigli né imprese balistiche di rilievo ha scoperto all'improvviso il valore di Livakovic, il portiere, decisivo fino ai rigori con la parata iniziale, su Rodrygo (e sono 4 penalty, record ai mondiali). Il giovanotto si è arreso solo al più spavaldo uno-due di O'Ney, un dai e vai ripetuto con Paquetà che gli ha spalancato finalmente la porta rivale. 9 nazionali su 10, di qualunque estrazione calcistica, sarebbero state capaci di resistere per un tempo supplementare al ritorno della Croazia. Invece a quel punto sono emersi probabilmente i limiti e i difetti più inquietanti della Seleçao che ha troppi narcisi in squadra, molte promesse non mantenute come Vinicius nel primo tempo e poi Antony nella ripresa e rari i lottatori, Thiago Silva e Casimiro le eccezioni. A dare vita a una qualificazione virtualmente persa, una sorta di respirazione bocca a bocca, è stato il fuoriclasse della compagnia croata, Luka Modric. Dal dischetto, nello snodo definitivo, poi sono stati tutti una sentenza, uno dopo l'altro: Vlasic per cominciare, Majer, Modric e Orsic per finire. Prima che il palo scolpito da Marquinos spalancasse agli scacchi croati il paradiso della semifinale.

Senza tradire una sola incertezza, come se avessero intuito dopo il sigillo di Petkovic che il vento del destino sarebbe spirato alle loro spalle. E così è andata. Mentre Rodrygo ha pasticciato e Marquinos ha scheggiato il palo.

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