Nel giorno del tripudio azzurro sul ghiaccio del Capital Indoor Stadium di Pechino, c'è da celebrare anche l'impresa della staffetta maschile, che ha acciuffato un bronzo al fotofinish bruciando il comitato russo. Il quartetto azzurro formato dal milanese Tommaso Dotti, dal torinese Andrea Cassinelli, dal valtellinese Yuri Confortola e dal trentino Pietro Sighel ha riportato l'Italia sul podio olimpico a 20 anni dall'argento di Salt Lake City 2002. Com'è cambiato il mondo rispetto a quattro anni fa, quando la staffetta non era nemmeno presente, incapace di qualificarsi a PyeongChang 2018. Ora, invece, c'è festa anche per gli uomini.
Una grandissima prova quella del team tricolore, che nella finale a cinque Paesi gestisce benissimo i primi giri, senza prendere rischi e controllando la situazione dalle retrovie. Poi, complice la caduta della Cina sin lì in quarta posizione, resta a strettissimo contatto con la Russia terza, mentre davanti Canada e Corea del Sud si contendono la vittoria. Sul finale gli azzurri inventano il sorpasso che difendono anche al fotofinish: nove millesimi di gloria che incoronano la squadra italiana. «Un bronzo da batticuore», l'ha definito Giovanni Malagò, «visto che è la mia centesima medaglia olimpica da quando sono diventato presidente del Coni».
Quando si vince con una staffetta è sempre un orgoglio perché è una dimostrazione di forza del movimento. Un movimento che, dicono i risultati, è in salute. Perché mai prima di questa edizione dei Giochi invernali lo short track italiano aveva raccolto così tante medaglie, ben quattro. Due di queste sono arrivate appunto dalle staffette, da quella maschile e da quella mista che era al debutto nel programma olimpico. Una rassegna trionfale per la Nazionale tricolore guidata dagli allenatori Kenan Gouadec ed Assen Pandov. Questo per dire, insomma, che alle spalle della regina Arianna Fontana ci sono diversi atleti esperti ancora molto competitivi, come Confortola e Martina Valcepina, oltre ad alcuni giovani talenti che stanno emergendo. Un mix vincente in un gruppo che ha saputo unire esperienza e sfrontatezza. E questo lascia ben sperare in ottica Milano-Cortina. Tra i più promettenti rientra di sicuro Pietro Sighel, che ha seguito le orme di papà Roberto, cinque medaglie mondiali con la gemma dell'oro a Calgary 1992.
Sighel che a 22 anni non ha pagato l'emozione dell'esordio olimpico e, anzi, è stato decisivo nelle due medaglie vinte della staffetta. Per lui, c'è stata pure la finale dei 500 metri in cui ha chiuso quinto. Del resto, con un papà campione il suo destino era segnato.
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