Tutta la pressione del mondo addosso, sulle spalle, quella endogena, quella solo sua esigente com'è questo ragazzo veronese di Isola della Scala. Ma anche e soprattutto tutta la pressione asfissiante di quest'Italia ingorda di medaglie a cui le 22 fin qui conquistate non bastavano, ne voleva almeno 28, almeno come a Londra 2012.
Accontentata. Ora sono 23. Avanti così. Primo Elia, 207 punti, argento al fuoriclasse inglese Cavendish (194), bronzo al campione di Londra, il danese Hansen (192). Già, Londra, dove finì beffato e sesto.
Ma è stata una Dakar la corsa a punti dell'azzurro. Perché Elia è partito da favorito, in testa dopo due giorni di fatiche (170 punti lui, 162 Cavendish e 152 Hansen) e con la pressione del mondo addosso e nonostante tutto con la pedalata sempre fluida. Semmai erano i pensieri ad essere pesanti, le sensazioni, le paure, soprattutto i ricordi.
Eppure eccolo Elia che scatta attento, subito quarto, dietro a Cavendish. Eccolo affrontare i 160 giri, i sedici sprint, i 40 chilometri di fatica e tecnica e peró e soprattutto di tattica. Eccolo controllare, "non andare nel panico" come sottolineato dal ct Marco Villa, eccolo aspettare i rivali ed esorcizzare quell'ultimo campionato del mondo finito in modo fottuto e bastardo, quando al via sia era presentato primo e al traguardo arrivó quarto, a pezzi, abbattuto, beffato, arrabbiato soprattutto con se stesso per aver buttato via tutto quel ben di dio per troppa prudenza.
No, stavolta no. Già al primo sprint ha attaccato, pronto, presente, facendolo suo, senza inguaiarsi come quell'assurda volta, dimostrando di essere più forte delle delusioni del passato e di una corsa diventata Dakar quando il coreano Park è caduto e l'ha travolto e buttato a terra e per un attimo abbiamo tutti pensato a Nibali nella corsa su strada.
E invece 5 giri di abbuono come da regolamento e via, di nuovo in sella, invece due meravigliosi sprint vinti, il 14o e il 15o che gli hanno dato i 10 punti in più per mettere in cassaforte l'oro.Invece sì, invece campione olimpico, la medaglia più bella, felicità, trionfo meritato e lacrime e bandiera e sedici anni dopo Sidney l'Italia della pista torna a emozionare e a fare la voce grossa.
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