«Il piccolo Turi si era battuto con pirandelliana rabbia (mancava si mordesse le mani) contro giganti che ne mortificavano la statura:prese le giuste distanze dalla torre, ha sparato da prima addosso al portiere ma al secondo tentativo lo folgorava con un sinistro omicida». Per Gianni Brera Totò era Turi, meglio così per questo siglianuzzo di sangue vero,caldo come il sole della terra sua.
Salvatore Schillaci è passato come una stella di mezz'agosto nel cielo azzurro del nostro football, i suoi occhi di pece accesi dopo un gol, la sua frenesia genuina, il suo correre trafelato memoria dei vicoli del rione Capo di Palermo, allora era una palladi stracci poi diventata di plastica e infine di cuoio prezioso, la Juventus, l'Inter, la nazionale, i mondiali, il Giappone, la gloria televisiva, una vita feroce che improvvisamente è finita sotto il grigio di nuvole cattive.
Il ricovero in ospedale, le voci subito angoscianti, l'ansia di conoscere la verità, la speranza in una domenica di settembre che per lui significò mille partite, il giorno santificato al pallone,fette di vita consegnate ai tifosi che oggi si accucciano nella paura. Schillaci è stato un attaccante di quelli immediati, se l'aggettivo può servire a comprendere meglio le sue qualità e le sue caratteristiche. Un fisico tozzo come fu quello del campione tedesco Gerd Muller, un fulmineo tiro a rete,l'astuzia del rapace pronto ad afferrare la preda stranita, Totò dunque nel mondiale delle notti magiche ci regalò sei gol e quello sguardo del diavolo quasi stupito lui medesimo del fatto, dell'evento, del miracolo.
Forse ripensando al sudore di una adolescenza certamente povera, il lavoro precario da gommista, Palermo non sempre generosa con i suoi figli, poi Messina, sette anni di scuole superiori nei campi arsi dal sole, Francesco Scoglio e Zengo Zeman i docenti, il sogno del viaggio verso il continente, dunque Torino, Boniperti e l'Avvocato, disneytotòland, la fama dopo la fame, soldi e donne, storie tipiche del tempo, di sempre si dovrebbe dire, tradimenti e minacce ti faccio sparare urlò a Fabio Poli un mediano del Bologna che lo aveva stuzzicato oltre misura, asterischi sporchi che lo macchiarono appena. Marini lo fece fuori dall'Inter, umiliandolo con la panchina e un solo minuto, l'ultimo, di una partita prima del tramonto.
Infortuni cento e mille prima di divenire Totò-san, due campionati in Giappone e gol,quindi il ritorno a Palermo,non più le luminarie del dopo mondiale ma la vita
normale, una scuola di calcio, il parrucchino a mascherare la stempiatura del tempo, l'Isola dei famosi, da Roberto Baggio e Casiraghi a Kabir Bedi e Francesco Facchinetti,cambiano i compagni di avventura. Aspetto notizie, Totò.
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