Il ritorno del Milan al suo «habitat naturale» - la Champions league, definizione storica di Adriano Galliani - è guidato da uno spagnolo che parla tre lingue (inglese e italiano perfetti) e che è reduce dalla finale dell'europeo tedesco vinta sull'Inghilterra. «Speriamo finisca con lo stesso risultato» chiosa. Non è un numero 9 qualunque per questo Milan di Fonseca, non tanto per i gol (appena uno centrato pochi minuti dopo il debutto col Toro a ferragosto) quanto invece per la leadership esercitata fin qui prima a parole dopo il 2 a 2 iniziale e poi con i comportamenti successivi. «Da ragazzo avevo la maglietta di Kakà, quel gol fatto dal brasiliano a Manchester mi è rimasto impresso» uno dei primi ricordi da esibire non soltanto per testimoniare la conoscenza della storia rossonera. Alvaro Morata parla da dentro il Milan e lo fa citando una serie di riflessioni calcistiche che possono aiutare a ricostruire l'accaduto da Parma in avanti. «Quando ti alleni con quel pallone della Champions, vedi il numero 7 sulle maglie e senti la musichetta avverti qualcosa di speciale dentro» spiega e racconta prima di dare un'occhiata alla cifra tecnica dello spogliatoio di Milanello.
«Poche volte ho visto tanta qualità nel gruppo, ma la qualità da sola non basta, bisogna avere le idee chiare. E noi siamo qui non per passeggiare ma per vincere»: sembra quasi il predicozzo preparato per stasera, nel debutto con il Liverpool, altro storico rivale, protagonista di un paio di finali Champions recenti e anche del precedente ritorno europeo, con Pioli allenatore e Maignan infortunato al polso. Che Morata sia diventato il vero leader del Milan multietnico è confermato da altri tre passaggi. Il primo: «Il mio intervento dopo il Toro non era contro i miei compagni». Il secondo: «Devo ringraziare il club che mi ha messo a disposizione fisioterapisti e staff per andare in Spagna durante la sosta per motivi privati senza perdere gli allenamenti, mi ha aiutato tantissimo». Il terzo: «Sul derby Fonseca non ha bisogno di consigli, è più capace di tutti noi».
È il Milan più inglese di sempre, con 4 esponenti (Tomori, Loftus Cheek, Abraham più Pulisic ex Premier league) chiamato da Fonseca «a non sbagliare una sola mossa per non pagare pegno contro il Liverpool». E ogni riferimento a migliorare «la connessione e le posizioni in campo» è voluto a tal punto da promettere ai cronisti «pasteis de nata nel caso riuscissimo a vincere in Champions e nel derby». Fonseca, reduce dal colloquio fitto fitto con Ibra e Moncada, non ha nemmeno voglia di chiedere rinforzi per il centrocampo dopo la news su Bennacer (operato al polpaccio per lo strappo muscolare, ritorno a gennaio 2025).
«Mi è piaciuta la struttura del centrocampo visto col Venezia» la sua risposta da aziendalista convinto che non prevede altri arrivi se non il reclutamento, in caso di necessità di Vos e Zeroli, già utilizzato in campionato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.