Il pallone ci ha abituato a veder sbottare giocatori dopo una sostituzione. Peggio se pensano di avere un valore non solo commerciale. Quindi pescare Federico Chiesa nel mandare mentalmente a quel paese Allegri dopo l'ennesima sostituzione, ed anzi rubarne quel sussurro «Sono sempre il primo cambio», fa parte delle tragicommedie pallonare.
Semmai ci sarebbe una domanda cui rispondere: perché l'allenatore cambia frequentemente quello che era prototipo di un grande giocatore? Vale la battuta: perché non è un cavallo di Allegri, pensando ai successi dei suoi cavalli da corsa. C'è un pizzico di verità: Chiesa non è più da corsa come si pensava. È diventato un giocatore limitato. O forse lo è sempre stato. Se non trotta in fascia si perde. E non capisce che un grande calciatore deve sapersi posizionare ovunque e trarne sempre il meglio del repertorio. Chissà se gli basterebbe una spolverata di psicologia. Con l'Italia di Mancini aveva illuso. Poi l'infortunio ne ha rovinato la carriera, non certo per gli stipendi che ancora incassa. E che magari altrove incasserà, visto che si profila un addio. I giocatori dovrebbero ricordare che intascano stipendi spropositati rispetto alla resa. Però se non giocano dove vogliono... Qui non è la Juve che non si adatta a Chiesa, ma è Chiesa che non si adatta alla Juve di Allegri o di chiunque gli chieda di mostrar qualità senza correre sulla fascia.
Pensano gli ammiratori: nell'Italia di Spalletti tutto cambierà. È un augurio, sebben ci stia l'idea che il miglior Fede forse lo abbiamo già visto.
Oggi Chiesa rischia la concorrenza di Yildiz, che è solo un giovane di belle speranze. Mentre Chiesa era una risorsa ed oggi è un problema: creato dal medesimo. Se fosse ancora quello che... non sarebbe mai il primo cambio. Semmai l'uomo in più per ogni vittoria.
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