In una tappa nella quale i grandi sonnecchiano e si controllano, vince il grande deluso: Giulio Ciccone. L'abruzzese respinto una settimana fa sul Blockhaus, si prende una parziale rivincita su quello di Cogne. Bella vittoria, ottenuta con cuore e temperamento, ma è anche vero che il ragazzo della Trek Segafredo mette a frutto il fatto di essere lontano da Carapaz (ieri mattina era 22° a 23'34 dalla rosa) e disputa una gara d'attacco, che chiude con un assolo degno di un ragazzo che da tempo è considerato l'erede di Nibali, ma che al momento non è stato ancora capace di assumerne il ruolo.
A sua parziale giustificazione, va detto che in questi due anni il ragazzo ieri a segno per la terza volta al Giro d'Italia, ha dovuto fare i conti con diversi malanni fisici che ne hanno condizionato l'attività. Il Covid l'anno scorso, nuovamente il Covid e la bronchite quest'anno, che sono stati il preludio tutt'altro che ideale per un ragazzo che sperava e sognava di poter correre la corsa rosa da protagonista.
Una vittoria di tappa (la terza per l'Italia del pedale, dopo il veneto Alberto Dainese e il lombardo Stefano Oldani) costruita dopo il via di Rivarolo Canavese quando è partita una fuga di 27 corridori nella quale è entrato il corridore abruzzese. Ciccone, poi, è stato bravo ad andarsene in solitaria lasciandosi alle spalle - ultimi ad arrendersi - Buitrago (Bahrain-Victorius) a 1'31, Pedrero (Movistar) a 2'19 e Carthy (Ef Education Easy Post) a 3'09.
«Oggi (ieri per chi legge) è stata una di quelle giornate in cui stavo bene, mi sentivo il vero Giulio Ciccone ha detto l'abruzzese con gli occhi rossi dopo un pianto liberatorio -. Ma sapevo che la condizione in questo Giro sarebbe arrivata, anche se confesso che è stata dura mentalmente, tutti hanno messo in dubbio le mie doti, ma io sapevo dentro di me che dovevo fare solo quello che mi riesce bene». E ancora: «Sono stati giorni difficili, la vera batosta però non è stata quella del Blockhaus ma è arrivata prima del Giro, quando mi sono ammalato e le cose non tornavano: ho fatto la seconda volta il Covid, poi ho avuto la bronchite con febbre alta e 15 giorni di antibiotici prima del Giro. Io l'erede di Nibali? Il paragone è forte, è tanto, siamo due corridori completamente diversi, sia di caratteristiche sia di mentalità, di tutto. Poi è una responsabilità grande perché lui quello che poteva vincere l'ha vinto», quindi essere rapportato «a un campione è sempre una responsabilità grande».
In classifica generale non cambia nulla: Carapaz si conferma leader con 7 su Hindley e 30 su Almeida.
Oggi riposo, mentre domani appuntamento con la sedicesima tappa, Salò-Aprica di 202 km: c'è il Mortirolo. «Fino ad oggi abbiamo scherzato ha spiegato Enrico Gasparotto, tecnico italiano sull'ammiraglia della Bora Hansgrohe di Jai Hindley -: il Giro inizia adesso. Noi siamo pronti».
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