Ci sono le parole e c'è la sostanza. Con le prime, Conte gioca come pochi altri. Era già bravo, è diventato bravissimo. Poi però c'è la sostanza, e qui non si scherza. Non lo fa nemmeno Marotta, che avalla la richiesta del suo allenatore. «È giusto che chieda chiarezza, è la dichiarazione onesta di un tecnico che vuole conoscere i programmi della società». Ecco allora che si capisce meno perché Conte si stupisca di leggere sui giornali della sua fretta, della sua voglia di sapere e capire e poi decidere che fare. «Tante volte, fa comodo farmi passare per guerrafondaio: io non ho detto nulla, era una conferenza stampa da zero a zero e non capisco come siano nati certi discorsi».
Marotta invece l'ha capito e condivide. Che sia perché anche l'ad ha come il tecnico il contratto in scadenza a giugno 2022? Se anche fosse, sarebbe comprensibile. Tutta l'Inter italiana vuole sapere cosa accadrà all'Inter cinese (o americana o appunto - quel che sarà). Da mesi, almeno dall'assemblea che ha approvato il bilancio a fine novembre, gli italiani vanno avanti autonomamente tra voci di cessioni che si rincorrono alle smentite, fondi che sembrano entrare e poi stanno fuori, prestiti da rifinanziare e stipendi da pagare. Dalla Cina, solo qualche conference call. Conte è stato bravo a guidare la sua banda allo scudetto, ma anche per Marotta (oltretutto vittima del Covid) non deve stato semplice gestire questi mesi. Con in più la SuperLeague, trasformatasi in poche ora da opportunità a problema. Tutt'altro che risolto, pare.
In settimana dovrebbe arrivare il presidente Zhang, portando non solo metaforicamente in dote i soldi per pagare gli arretrati a giocatori, staff tecnico e dirigenti. Poi ci sarà Crotone e la domenica successiva, la probabile festa scudetto, contro la Samp. Da lì in avanti, ogni giorno sarà quello giusto per l'incontro che metterà chiarezza sul futuro nerazzurro («a tempo debito, è giusto ci si ritrovi e che la proprietà esponga i programmi futuri», dice Marotta). E più rapidamente avverrà, meglio sarà per Conte e per lo stesso Zhang, liberi e con più tempo a disposizione per cercarsi le rispettive alternative.
A Verona appena battuto, Conte dice che per lui «è stancante cominciare da zero ogni 2-3 anni; quando inizi un lavoro speri che possa continuare per tanto tempo». Che non esprime il desiderio di restare, né aggiunge nulla a quanto si sapeva e già si è scritto: prima i programmi, poi le decisioni. Con grande attenzione alle etichette: Conte si sente un vincente solo... quando vince, le sconfitte sono degli altri. E così devono pensarla tutti. «Serve attenzione nella comunicazione, sennò poi tutto cade sull'allenatore. Io so benissimo che il mio è un cognome pesante e che porta responsabilità.
Ma tante volte, negli anni, mi sono trovato a combattere in Champions League con squadre non attrezzate». Non parla più di ristoranti, ma a giocare con le parole è bravo almeno quanto a vincere gli scudetti (e speriamo che stavolta non si stupisca).
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