Di Gattuso si può dire tutto tranne che non abbia un gran cuore, come ha dimostrato in tutta la sua carriera. Prima in campo, quando dava l'anima correndo per tre, poi in panchina, dove, oltre a difendere sempre i suoi giocatori, si è reso protagonista di alcuni gesti di grande rispetto. L'ultimo proprio nelle ultime ore, quando il tecnico del Napoli, insieme al ds Giuntoli, ha deciso di rinunciare ad una mensilità (circa 125mila euro) per destinarla ai dipendenti finiti in cassa integrazione.
Perché si parla tanto degli stipendi di calciatori e allenatori, ma si tende a dimenticare che, oltre a loro, c'è una vera macchina produttiva, composta da decine o addirittura centinaia di persone che, pur non facendo gol o parate decisive, lavorano ogni giorno per il bene del club, dai membri del CdA fino ai magazzinieri.
In questo periodo, però, il calcio è fermo e, di conseguenza, di lavoro ce n'è poco. Così molte società, per correre ai ripari dai danni economici provocati dal virus, hanno già scelto la via della cassa integrazione, altre invece prediligono smart working, orari ridotti o giorni di ferie. Come sottolinea Calcio&Finanza, nelle squadre di Serie A il numero complessivo di questi dipendenti è 1.581, per un totale stipendi che si aggira intorno ai 93 milioni, con una media a lavoratore per ciascun club (escluso il Brescia, di cui non sono noti i compensi) di circa 59mila euro. Il numero di lavoratori e il loro stipendio varia ovviamente da squadra a squadra. La Juve ha addirittura 250 dipendenti, mentre il Brescia ne conta appena 10. L'Inter, invece, paga la cifra più corposa, quasi 19 milioni, un'enormità rispetto ai 493mila euro del Lecce.
Dati interessati, che ci dicono, tra le tante cose, che la Lazio, seconda in campionato, ha solo 38 dipendenti (come l'Atalanta), per un totale che supera di poco il milione e mezzo. Come detto, il totale di questi stipendi in Serie A vale circa 93 milioni, un numero neanche paragonabile al miliardo e 400 a bilancio per i calciatori.
Numeri alla mano, basterebbe quindi trattenere da quella cifra poco meno del 7%, per
far sì che i club riescano a pagare i 1600 dipendenti, senza chiedere la cassa integrazione così gravando sullo Stato. Sembra semplice, ma in Italia, e in particolare nel calcio italiano, di cose semplici non ce ne sono.
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