Vietare i colpi di testa ai giovani inglesi è un po', nell'immaginario stereotipato, come vietare ad un italiano di superare i 40 chilometri all'ora in una strada vuota: non si fa, è contrario all'ethos nazionale. Eppure, ora, sarà vietato colpire il pallone di testa, perlomeno per le categorie Under 12. Lo ha ottenuto dall'International Board, l'organo che sovrintende alle regole, la Football Association, che potrà così far partire la sperimentazione dall'estate del 2023, dopo che già dal luglio 2021 è stata introdotta una misura che vietava ai calciatori dilettanti di effettuare più di 10 colpi di testa alla settimana, in allenamento. Mentre a quelli professionisti veniva imposto di non superare il medesimo numero ma solo in situazioni di «impatto forte», cioé con pallone in arrivo da lanci di più di 35 metri, corner, calci di punizione e cross, in pratica tutte.
Va detto che i britannici, non per nulla parenti degli americani che si stanno facendo imprigionare dalla paura di tutt0, il Daily Telegraph, ha impostato una incessante battaglia: più o meno dal 2002, anno della morte di Jeff Astle, grande attaccante del West Bromwich Albion dal 1964 al 1974, autore anche del gol della vittoria nella finale di Fa Cup del 1968 contro l'Everton. Astle è ricordato al The Hawthorns, lo stadio del Wba, da una cancellata in ferro battuto con la sua immagine a braccia alzate e una coroncina col 9, perché parliamo di The King, Il Re. Ma è ricordato, in ogni momento della giornata, dalla fondazione che porta il suo nome e lotta per il riconoscimento della pericolosità dei colpi di testa per la salute dei calciatori.
Il medico legale incaricato dell'autopsia di Astle determinò infatti che la morte era sopraggiunta come conseguenza di demenza senile causata da encefalopatia traumatica cronica (Cte), effetto delle migliaia di microtraumi che il giocatore aveva accusato nel colpire il pallone, sua specialità, complicata dal peso delle sfere di cuoio dell'epoca. Si trattava agli effetti legali di un decesso sopravvenuto per cause lavorative, per cui la vedova di Astle, Laraine, aveva promosso una causa, mentre la figlia Dawn aveva creato una fondazione e immediatamente ricevuto telefonate e email dai famigliari di centinaia di altri calciatori che avevano accusato o cominciavano ad accusare sintomi simili.
Nel frattempo, altre morti celebri, sempre per demenza senile, morbo di Alzheimer o conseguenza del relativo declino: tra i nomi più rilevanti, alcuni campioni del mondo del 1966 con la nazionale inglese come Jack Charlton, Nobby Stiles, Martin Peters e Ray Wilson, mentre l'altro Charlton, Bobby, ha ricevuto medesima diagnosi da qualche mese e di tanto in tanto, con un triste stillicidio, altri protagonisti degli anni Sessanta o Settanta si aggiungono. Come Joe Kinnear, ex difensore del Tottenham e per qualche anno fumantino allenatore del grande Wimbledon di fine secolo scorso, la cui moglie Bonnie ha ricordato che ogni allenamento di quei tempi prevedeva 40 minuti di colpi di testa, con rincorsa, ad un pallone appeso ad un filo.
Se davvero venisse messo fuori legge il colpo di testa sarebbe per certi versi il trionfo del calcio moderno, dei Guardiola, palla a terra
e scambi veloci, magari senza attaccanti di ruolo, ma attenzione: lo scorso anno il Manchester City ha effettuato 255 cross rasoterra ma ben 412 con palla alta, per cui non è detto che l'apparenza corrisponda alla realtà.
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