Il diciannove di dicembre del Novantadue alle tre e venti di notte moriva Gianni Brera, insieme con Vittorio Ronzoni e Pier Angelo Mauri. La Ford Sierra che li stava portando verso un altro giorno finì la sua corsa contro una Lancia Thema. Finì così la vita di Brera e incominciò un'altra storia. Vent'anni di senzabrera, vent'anni di figli, nipoti, parenti, amici, sodali di Gianni, moltissimi fasulli tra i giornalisti, al contrario si potrebbe dire e giurare, un paio soltanto, Maietti e Gianni Mura, degno quest'ultimo di tale eredità anche nel nome di battesimo.
Di Brera si sono impossessati in mille, come è accaduto e sta accadendo con Gaber che da morto ha ritrovato più conoscenti e riverenti di quando, da vivo, era il marito scomodo di Ombretta Colli. Leggendo in queste ore l'ennesimo ricordo di Brera mi è sembrato, come da tempo, che il grande maestro abbia esercitato il suo mestiere in esclusiva per la Repubblica, non avendo frequentato altri fogli, se non marginali, come la Gazzetta dello Sport, il Giorno, il Guerin Sportivo e, fra gli altri, quella specie di giornale che è appunto Il Giornale, ai giorni di Brera Il Giornale Nuovo, dove lo volle Indro Montanelli. Così come scompaiono dalla memoria le sue partecipazioni televisive al Processo di Biscardi.
No, quell'epoca non viene citata o ricordata almeno per rispetto di chi con lui ebbe l'onore e il privilegio di lavorare.
Provoca invece fastidio, ne offusca la fama.
All'anagrafe giornalistica risulta che Gianni Brera sia nato con la Repubblica. Prima non esisteva oppure era un omonimo passante.Gianni scrisse: «La vecchiaia è bella, peccato che duri poco». Comunque la Repubblica ha l'esclusiva per allungarla.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.