
Precedenza ai buoni propositi. Racconta Sergio Conceiçao: «Abbiamo grandi ambizioni e motivazioni. Per un club storico come il Milan andare fino in fondo a ogni torneo è normale». Ma questa volta, per arrivare finalmente a una finale di coppa Italia (ultimo precedente, targato 2018, con il Milan di Brocchi piegato con un pesante 4 a 0 dalla Juve di Allegri), bisogna attraversare le colonne d'Ercole del quinto derby della stagione, secondo in semifinale, da imbattuto ed è questo il vero dato clamoroso proposto dalla deludente stagione rossonera. Ne ha vinti due (il primo con Fonseca e il secondo in Supercoppa d'Italia a Ryad - in rimonta da 0-2 a 3-2 - e pareggiati gli ultimi due, in campionato e in semifinale d'andata). Come abbia fatto è un vero mistero che può spiegare le contraddizioni del Milan di questa stagione. Aggiunge sul tema Sergio Conceiçao: «Noi dobbiamo pensare al Milan, non all'Inter e alla possibilità di rovinargli l'eventuale triplete. Anzi complimenti a loro che sono arrivati così lontano». Forse, al netto dei buoni propositi, c'è una sola verità scandita in maniera semplice sul conto di questa vigilia che sembra piena di tensioni più legate ai recuperi del campionato che ad altro: «Se vogliamo vincere e conquistare la finale dobbiamo fare una grande partita». Fattuale.
Già, ma come si fa ad avere fiducia di questo Milan dopo aver assistito allo spettacolo sconfortante con l'Atalanta? Qui le risposte sono di due tipi. La prima didascalica, legata ai due possibili cambi rispetto a domenica sera (Walker al posto di Jimenez e Abraham preferito a Jovic), la seconda di natura calcistica («contro l'Atalanta ho dovuto aspettare l'intervallo per rimettere a posto la squadra, la posizione di Ederson aveva scombinato i nostri piani») che conferma la povertà di identità calcistica del team nonostante da un mese stiano adottando il nuovo sistema di gioco. «È stato bravo Gasp e noi nel secondo tempo abbiamo commesso 2/3 errori individuali nel prendere gol» la confessione di Sergio che restituisce al racconto una verità di fondo. E poi intendiamoci: la finale eventuale, da sola, non garantirebbe granché. Tanto meno la conferma della panchina ma sul punto Sergio Conceiçao è consapevole a tal punto da ripetere che «parlerò a fine stagione sui sei mesi passati al Milan», una frase che più che una promessa fatta ai cronisti ha il sapore amarognolo di una minaccia.
Nel frattempo, a dare ascolto alle indiscrezioni, sarebbe vicino il secondo colloquio tra Furlani e Tare. Con queste notizie il famoso casting sta diventando un'autentica telenovela.
Senza voler mischiare il sacro col profano, si ha l'impressione che faranno prima i cardinali ad eleggere il nuovo Papa nel prossimo conclave che il Milan ad annunciare il suo direttore sportivo col quale ripartire per la prossima stagione.
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