Probabilmente neppure nel campionato interregionale ci sono squadre che cacciano l'allenatore senza aver pronto il sostituto. È successo alla Ferrari. Ha indotto Mattia Binotto a presentare le dimissioni, le ha accettate, ma poi, in calce al comunicato che ufficializzava la separazione, ha aggiunto due righe che suonano come il peggiore dei campanelli d'allarme. Sentite qui: «Inizia ora il processo per identificare il nuovo Team Principal della Scuderia Ferrari, che dovrebbe concludersi nel nuovo anno».
Il successore di Mattia Binotto ancora non c'è. Frédéric Vasseur è in corsa, ma non più in pole position: in ballo ci sono anche altri nomi. Certo è clamoroso che la Ferrari abbia messo in croce il suo team principal senza avere già sotto contratto il sostituto. Raccontare che Binotto resterà in carica fino al 31 dicembre fa ridere. Anzi piangere.
Nel suo commento finale Binotto dice: «Lascio un'azienda che amo, della quale faccio parte da 28 anni, con la serenità che viene dalla convinzione di aver compiuto ogni sforzo per raggiungere gli obiettivi prefissati. Lascio una squadra unita e in crescita. Una squadra forte, pronta, ne sono certo, per ottenere i massimi traguardi, alla quale auguro ogni bene per il futuro. Credo sia giusto compiere questo passo, per quanto sia stata per me una decisione difficile».
La squadra è pronta per l'ultimo grande salto, forse il più difficile. Anche per questo la stabilità avrebbe aiutato. Sarebbe bastato rinforzarla, adesso ci aspetta una rivoluzione perché non arriverà solo un nuovo team principal, ma anche un nuovo direttore tecnico e magari un nuovo direttore sportivo e un nuovo responsabile della strategia. Senza contare che ora Leclerc non avrà parafulmini. Avrà molta più responsabilità sulle sue spalle.
Per salutare Binotto ha preso la parola Benedetto Vigna, l'a.d. che potrebbe avere un ruolo più importante nella gestione della Scuderia. Ha usato le classiche frasi di circostanza: «Desidero ringraziare Mattia per i suoi numerosi e fondamentali contributi nei 28 anni passati in Ferrari, e in particolare per la sua guida che ha portato il team ad essere di nuovo competitivo nella scorsa stagione».
Non si capisce perché, dopo aver portato il team ad essere competitivo, sia stato messo nelle condizioni di dimettersi. Dovrebbe spiegarlo il presidente Elkann che neppure questa volta ha però aperto bocca.
Almeno oggi ha la scusa dell'accavallarsi dei dossier di crisi sulla sua scrivania tra Juve e Ferrari. Vedremo. Tanto per Elkann c'è tempo fino al 2026 per vincere. Basta ritrovare quella pazienza persa da tempo, da quando a Maranello accanto a Jean Todt c'era un vero dream team. Non un uomo lasciato troppo solo.
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